Porte del Salton


Sabato 04/06/2016 da solo

Tempo salita      : ore 2,40
Percorso intero:  ore 4,40
Dislivello salita: m. 450
Impegno             : EE pendio ripido e boscoso da risalire con destinazione poco evidente
Carta 1/25.000 : Tabacco foglio 51


Lo Spinoncia non attrae ancora l’escursionista classico, perché non esiste un vero e proprio sentiero che ne sale la cima. Le tracce che lo riguardano, vaghe e confuse, sono perlopiù dovute all’opera dei cercatori di reperti che setacciano il terreno sfidando le leggi che lo vietano e gli amanti della storia della Prima Guerra Mondiale che verificano sul campo quello che hanno letto sui libri. Se dai roccioni in capo alle Porte del Saltón si può avere una buona veduta d’intorno, lo Spinoncia si pronuncia verso l’alto con una misteriosa dorsale coperta dagli alberi, che non appaga certo sotto il profilo panoramico. Una camminata faticosa consigliata dunque a coloro che vogliono percorrere gli angoli aspri e selvaggi di questa montagna e ne conoscono la storia. Siamo alla fine del 17, terzo anno di guerra per gli Italiani. Vista l’impossibilità di conquistare la cima Grappa gli Austrotedeschi provano a tagliarla fuori, assalendo le cime meridionali. Il 18 novembre reparti del Wurtemberg, tra i quali anche quello comandato da Rommel, si appropriano di Punta Zoc salendo da Pont de la Stua. Il cordone ombelicale che lo unisce allo Spinoncia, è l’unica via possibile da seguire per proseguire l’attacco (dove è ubicata l’attuale Casera Spinoncia). I fianchi che guardano la Val Calcino a nord sono impercorribili e quelli a sud battuti dall’artiglieria italiana piazzata sul Monte Palón. Lo stesso Rommel insisterà una settimana inutilmente, respinto dai Battaglioni Feltre e Val Maira. L’11 dicembre siamo infine costretti a retrocedere fino alle Porte del Saltón da forze nemiche esageratamente superiori. Da qui in avanti la linea del fronte rimarrà sostanzialmente invariata, solo il 15 giugno del 18 (Battaglia del Solstizio), alcuni reparti della 50° Divisione austroungarica riescono a occupare per poche ore Porte del Saltón, salendo in massa dal fondo della Val Calcino, poi ricacciati indietro dal 119°Fanteria con l’aiuto di un reggimento della Brigata Emilia. Gli eventi sul Grappa si finiscono così quattro mesi dopo con l’attraversamento del Piave degli Italiani e la conseguente ritirata disastrosa di tutte le forze nemiche.

Percorso:
dalla rotonda sulla Strada Feltrina, svincoliamo verso l’interno del Grappa con direzione Alano di Piave. Passiamo a destra della chiesa proseguendo lungo una bella strada asfaltata che mira l’imbocco della Val Scura. Ancora alti sul Torrente Ornic, e paralleli a esso, sfiliamo alcuni casolari fortunati e sicuramente tranquilli. Un paio di ponticelli a scavalcare i suoi immissari, anticipano i duecento metri di sterrato e il capolinea dove parcheggiamo l’auto (Località La Pila m 600, km 6,5 dallo svincolo sulla Feltrina). Un cartello dice ore 3 alle Porte del Saltón su sentiero 846. Decisamente esagerato il tempo di percorrenza, benché ripido e faticoso ne verremo a capo in un paio d’ore con un’andatura normale. In marcia dunque oltre la sbarra, una strada cementata sale a delle casette ben ristrutturate, dove convergono i vari cavi dei montacarichi. Passiamo sotto l’ultimo edificio seguendo i segnavia bianco-rossi, immergendoci in un mondo verde e severo. Sulla destra del torrente, aggiriamo uno spuntone con la giusta prudenza ed entriamo nel bosco invadente che cerca di impedirci il passaggio. Il risveglio della natura che in primavera si appropria degli spazi attorno, ricopre quasi il sentiero per fortuna battuto e ancora visibile. Poi di colpo s’allarga fino a diventare quasi una stradetta in pessime condizioni e di probabile fattura militare. Entriamo in un canalone angusto, salendolo con piccoli tornantini sconvolti dalle inevitabili frane e sbarrato da alberi caduti di traverso. Comunque aggirabili, si procede sempre con fatica e controllo sugli appoggi per non mettere a rischio le caviglie. Questi percorsi hanno il loro fascino inspiegabile, forse masochistico, il riuscire a venirne fuori e arrivare sopra dove s’allargano finalmente le vedute e apprezzare un territorio non ancora addomesticato. Arriviamo fin sotto le rocce bianche del Saltón, trovando anche un antro buono se piove. L’ultimo traverso obliquo e si scavalca il piccolo intaglio delle Porte del Saltón (m 1277, ore 2,00). L’846 cala agevolmente sui prati di Malga Camparona m 1204, dove probabilmente ci saranno persone intente alla griglia, noi pieghiamo subito a destra per tracce confuse e meno facili, cercando di volta in volta la via meno impervia. Esploriamo i roccioni e quel che resta delle vecchie postazioni italiane. Se i vari passaggi si fanno pericolosi conviene abbassarsi di poco sul versante settentrionale dove sicuramente altre tracce conducono con più serenità sulla dorsale seguente. Foto d’epoca mostrano questi luoghi completamente spogli e non doveva essere vita facile per chi attaccava e nemmeno per chi difendeva. Oltre una piccola depressione, riprendiamo la linea di cresta ora più filante, alla nostra destra ripidi boschi si gettano sulla vallata di Alano di Piave. Caverne parzialmente crollate e i solchi delle esplosioni che la natura non riesce ancora a nascondere. Passiamo un ultimo intaglio guadagnando la sgraziata quota 1296 dello Spinoncia (ore 0,40 dalle Porte del Saltón).

Tempo totale salita ore 2,40.
Dislivello salita m 750.


Discesa:
senza rifare tutta la cresta a ritroso, conviene scendere il pendio dalla selletta appena passata, ripida ma non impossibile, convogliando presto sulla stradina 849 che proviene dalla Casera Spinoncia. In senso opposto ora, a raggiungere comodamente Malga Camparona, dove finalmente vediamo la luce del sole. Da qui per sentiero 846 saliamo a scavalcare le Porte del Saltón e quindi in discesa alla macchina (ore 2,00 circa).