Col Bechei
Sabato 11/10/2008 da solo
Tempo salita : ore 4,00
Percorso intero: ore 7,30
Dislivello salita: m.1.400
Impegno : EE 1°inf. breve
Carta 1/25.000 : Tabacco foglio 03
Schivo e riservato, quasi nascosto dagli avancorpi che lo precedono, almeno dalla parte del Parco delle Dolomiti d’Ampezzo. Bisogna salirlo allora, per conoscere veramente questa contorta area montagnosa e ancora con la cartina topografica, stentiamo a dare un nome ai rilievi che abbiamo davanti e che superiamo sistematicamente. La parola “Col”sta decisamente stretta al Bechei. Dall’alto dei suoi 2794 metri, reclama uno dei più sbalorditivi panorami fra quelli proposti in questa guida escursionistica. Lo avviciniamo però in maniera assolutamente naturale, dal versante meridionale che guarda la Val de Fanes e con più entusiasmo ancora lungo il Ruóibes de Fora e il Casón de Antrùiles. Un percorso assai logico, anche se lungo e faticoso. Se sapremo dosare bene le forze, alternando le tirate alle giuste soste, senza la frenesia d’arrivare velocemente, gustando le varie fasi dell’ascesa, sorprendendo i camosci nel loro quotidiano, allargando gli orizzonti ad ogni nuovo passo, arriveremo a toccare finalmente quella croce scoprendoci sul culmine di un grande Colle o se preferite di una grande montagna.
Percorso:otto chilometri dopo Cortina d’Ampezzo, sulla strada per il Passo Cima Banche – Carbonin, in linea al tornante di Podestagno, troviamo un ampio spiazzo sterrato dove lasciare la macchina (località Sant’Uberto, m 1460). C’incamminiamo lungo la strada per il Rifugio Ra Stua, o preferibilmente per il sentiero che l’affianca. Si raccorda in località Son Pouses e proseguiamo ancora fino alla deviazione per Antruiles – Col Bechei – Lago di Limo. Passiamo la sbarra che vieta il transito ai mezzi motorizzati e scendiamo dentro il bosco di conifere, una strada ben tenuta. Attraversa con un ponticello le poche acque che defluiscono dai vicini alpeggi di Campo Croce, le affianca, riattraversandole nuovamente e sbucando in breve sulla radura di Antruiles dove è posto il Casón omonimo (m1527, ore 0,40). Seguiamo le indicazioni al Col Bechei, ancora nel bosco per buona traccia che va ulteriormente rinforzandosi (sentiero 418). Passiamo le ghiaie di un piccolo corso d’acqua, addentrandoci in un tratto di scoli e ristagni fangosi. Ci avviciniamo alle rocce basali del Taburlo e le assecondiamo uscendo finalmente dall’ombra dei pini. Siamo infine sulla testata della valle, dalle crode circostanti cala un letto di detriti e terriccio che dobbiamo per forza risalire. Gli omini ci guidano dove conviene e più su anche i paletti, buoni quando c’è neve. Ci si sposta sulla sinistra, a tornantini faticosi passiamo una prima fascia di mughi. Alla nostra destra, la lunga barriera delle Crode de Antrùiles s’abbassa con lentezza esasperante. Di nuovo le ghiaie e di nuovo tra la bassa vegetazione, insistiamo dentro una trincea naturale tra gli stessi mughi. Sbuchiamo in un bel catino d’erba e massi, mettendo in fuga i camosci, altre crode si mostrano maestose e dobbiamo aprire la carta per capire. La sosta è comunque d’obbligo (ore 2,00). S’intuisce, in alto a destra, un possibile punto d’uscita e il sentiero infatti gli va incontro ricominciando a salire (segnavia bianco rossi). Dopo un paio di tornanti, notiamo una seconda traccia interessante tagliare tutto il Ciadin del Taé e portare probabilmente in capo al Taé stesso (m 2511). Noi insistiamo sul 418, uscendo presto in un secondo meraviglioso catino pensile. Compaiono altre montagne e ancora bisogna consultare la cartina topografica. Andiamo ad aggirare quelle strane rocce stratificate verticalmente, oltre le quali guadagniamo una terza conca erbosa e una sella. A sinistra, brevemente un crinale erboso panoramico da non perdere. Stiamo transitando sugli spalti del Col Bechei, lui stesso si mostra finalmente con le sue rocce colorate e ancora non capiamo dove salirlo. Doppiamo uno spigolo ed andiamo ad attraversare un sorprendente quanto inquietante imbuto di ghiaie che sprofondano sulla Val de Fanes. Esattamente nel mezzo, corre il confine tra i due Parchi Naturali. Dall’altra parte, giunti ad un’altra sella, s’intuisce la possibilità di attaccare direttamente le ultime falde rocciose e la seguente china erbosa che porta alla croce di vetta. Facili, ma ripide e faticose. Se preferiamo il sentiero marcato e meno inclinato, dobbiamo raggiungere i resti di baraccamenti austriaci, posti più avanti, su una grande terrazza prativa. Siamo sopra il regno di Fanes ed è un gran belvedere. Solchi inequivocabili puntano la nostra montagna e la croce che identifica la cima. Dove impenna tende a franare, ma si passa senza problemi. Passiamo pure delle roccette (1° inf.) e con un lungo traverso calpestiamo il punto più alto (m 2794, ore 4,00). Scendiamo solo dopo aver dato un nome a tutte le montagne che vediamo.
Tempo totale salita ore 4,00.
Dislivello salita m 1.400.
Discesa : tre ore, ripercorrendo lo stesso tracciato e senza annoiarsi vista la varietà e la grandezza degli ambienti. Esiste tuttavia un’alternativa affascinante, anche se, chilometricamente assai lunga. Calare al Passo di Limo e farsi tutta la Val de Fanes fino al Pian de Loa e alla macchina. Una passeggiata in continua e regolare discesa che ci sentiamo di consigliare se la stagione è quella autunnale. Così da assaporare oltre ai colori dei boschi, tutto il mondo dei Fanes, privo della consueta folla che lo assedia durante la stagione calda. Tornati ai piedi del Col Bechei, nei pressi dei baraccamenti della guerra, se ne fiancheggiano le muraglie minori occidentali (sempre sentiero 418), fin sulle sponde del Lago di Limo, che contorniamo a sinistra agganciando la carrareccia principale (m 2159, ore 0,45 dalla cima). Massi adagiati su colli erbosi, laghi, rifugi e ruscelli, l’eden dei nostri sogni. Evitiamo però l’allungo al seppur meritevole Rifugio Fanes Grande, seguendo una scorciatoia al primo curvone. La direzione è ovvia e presto rientriamo sulla sterrata (sentiero 10), che va ad affiancare le acque del Rio Fanes. Passiamo le Pantane (m1836) e lo stesso ruscello, che più avanti s’incunea dentro spettacolari forre, scavate nel corso dei secoli. Una scorciatoia segnalata ci permette di calare spediti lungo il bosco, tagliando le varie svolte che la strada compie inevitabilmente fino al Ponte Outo. Poco prima, la Cascata del Rio Fanes offre un ulteriore motivo per sostare. Senza percorrerla interamente, la Ferrata Giovanni Barbara ci porta velocemente e senza dispendio d’energie sotto lo scrosciante salto d’acqua. Torniamo alla strada n°10, appena bagnati e carichi di una nuova esperienza (arrivare fin sotto la cascata e tornare indietro non richiede più di dieci minuti, lungo una cengia pianeggiante che obbliga però alla prudenza). Lo stesso Ponte Outo unisce le due sponde di un canyon impressionante, ottanta metri sopra le acque del Rio Travenanzes. Questo, presto convoglia sul Rio Fanes ed insieme ad alimentare più a valle il Torrente Bòite e l’abitato di Cortina. Raggiungiamo di seguito il Pian de Loa (m 1340), seguiamo la strada asfaltata passando un altro paio di ponti e con una scorciatoia a sinistra (indicazioni), concludiamo in leggera salita al parcheggio Sant’Uberto e alla macchina (ore 3,30 dalla cima del Col Bechei).