Sasso Lungo di Cibiana
13/07/01 da solo
Tempo salita : ore 2,50
Percorso intero: ore 4,50
Dislivello salita: m. 950
Impegno : A 2°inf.
Carta 1/25.000 : Tabacco foglio 25
Dal Passo Cibiana appare come una piramide compatta ed elegante. Effettivamente è il suo lato migliore, bisogna infatti camminarci incontro per conoscerlo meglio. Allora scompare quell’illusoria snellezza che esibisce a chi lo osserva dalla strada. La spalla opposta non cade a picco come la desidererebbe un alpinista, bensì con moderata pendenza rivelando il punto debole del monte. Affonda pacatamente a meridione, assumendo il profilo di uno scafo rovesciato, ormai semiaffondato. Questo “Titanic” del Bosconero, cattura dunque lo sguardo di tutti coloro che transitano lungo quel Paese e quel Passo, da sempre legati come una sol cosa. Ne controlla l’andirivieni, fattosi più sensibile gli ultimi anni dopo l’apertura del museo sulla cima del Rite. Cosa positiva direi, se riesce a convogliare anche in queste zone del sano turismo, purtroppo sempre orientato verso i soliti poli magnetici. Ben vengano altre iniziative simili, quando non accompagnano un degrado ambientale sistematico ed irrimediabile.
Percorso:dentro il bosco allora, a partire dal Passo Cibiana (m 1530). In alta stagione il parcheggio dell’auto è consentito solo ai lati della strada, su spazi ridotti e accidentati e sul soprastante parcheggio a pagamento (il piazzale è a disposizione di coloro che consumano alla Baita, provano gli atletici passaggi de l’“Adrenalin Park” e comunque non sostano più di un’ora). Proseguiamo oltre i Tabià Dèona (m 1528) lungo la stradina che svolta a sinistra e sale poi con un paio di tornanti in direzione Casera de la Ronces. Imbocchiamo il sentiero 483 che stacca a destra (segnalazioni) e va a salire tra gli alberi i pendii che calano dallo Spiz de Copàda. Qualche superfluo segnavia bianco rosso sugli alberi, il sentiero è battuto anche dai numerosi percorritori dell’Anello Zoldano. Arriviamo al crocevia e teniamo a sinistra sempre sul 483, trascurando il 485-482 che porta alla Forcella de le Ciavazole e sempre il 485 che a destra raggiunge la Baita Darè Copàda (fino a qui ore 0,50 dal Passo Cibiana). Con qualche alto e basso usciamo presto dal bosco, ormai sotto la bastionata dello Sfornioi Nord. Se ne attraversa tutta la pietraia settentrionale, in parte invasa dai mughi. Saliamo regolarmente e facilmente fin sotto le creste della Torre Campestrin, assecondando le varie rientranze, dove le colate ghiaiose minacciano costantemente la stabilità del sentiero. La linearità dello stesso inganna l’occhio che ne sottostima la lunghezza effettiva. Guadagniamo un primo valico e ci tenta subito la discesa dall’altra parte. Dobbiamo invece insistere lungo la cresta seguendo i segnavia e una freccia con la scritta Bivacco Campestrin. Con un ultimo strappo vinciamo la rampa rocciosa e sbuchiamo senza problemi sulla Forcella Bella (m 2112, ore 1,30). Sprofondiamo ora lungo il versante opposto per un centinaio di metri (sempre sentiero 483), fino quasi sopra una lama erbosa che domina la stessa Val Campestrin. Una traccia appena marcata stacca a sinistra (omino) e accompagna sotto la parete del Sassolungo e i suoi Denti (nessuna scritta o cartello ma la direzione è evidente). Prima in discesa, poi avvicinandoci alle rocce, sempre con più fatica ci troviamo in faccia la muraglia. La si guarda perplessi non individuando una facile via d’uscita, bisogna infatti attaccarla direttamente e decisamente (bollo rosso e freccia). Un primo gradone mostra subito la consistenza della roccia e il carattere della salita (1°sup.). Per cengia invertiamo la rotta, spingendoci oltre lo spigolo, sul versante settentrionale. Ora i bolli rossi guidano verso l’alto, lungo la banconata spaccata e ricoperta di macerie instabili. Riconosciamo sullo spigolo aereo, il curioso obelisco intravisto prima, alla base della parete. Di nuovo sul lato ovest, arriviamo a passare all’interno di un breve camino con un masso incastrato (2°inf.) aggirabile anche all’esterno. Si sale tuttavia senza troppe difficoltà, anche in spaccata e grazie agli appoggi abbondanti, solo lo zaino deve adattarsi all’esigua grandezza del foro. La via prosegue sfruttando i punti deboli della montagna, che si dimostra meno scorbutica del previsto, sempre con attenzione però, perché le prese e gli appoggi vanno “puliti” del ghiaino. Dentro una rientranza ora, un passaggio delicato risale una cengetta esposta e costringe poi a un successivo strappo verso l’alto (1°sup.). L’inclinazione finalmente diminuisce e scartando i tratti cosparsi di detriti insidiosi, fuoriusciamo sul panoramico spallone finale investiti dalle correnti d’aria. Lo risaliamo su pietraia e ciuffi d’erba fino alla croce della cima (m 2413, ore 2,50).
Tempo totale salita ore 2.50.
Dislivello salita m 950 circa.
Discesa: Per la discesa lo stesso percorso a ritroso (ore 2,00).