Monte Petorgnòn


Sabato 19/10/2013 da solo

Tempo salita      : ore 2,00
Percorso intero:  ore 4,30
Dislivello salita: m. 825
Impegno             : EE 1°inf. delicata la discesa del canalone
Carta 1/25.000 : Tabacco foglio 25


È parte di quel ramo che dal nucleo centrale dei Tàmer si allunga e si abbassa a nordest, incontro a Forno di Zoldo. Dopo la Forcella delle Féde, infatti, il Costón de la Gardesana subisce un vistoso innalzamento ben distaccato ed indipendente al punto di meritare un nome proprio ed un posto sulla cartina geografica. Il Petorgnón va salito nella stagione dei colori, quando i boschi s’accendono e sorreggono un anello di crode ben più alte e ormai colme di neve. È allora che dal suo punto più alto ci delizia una vista che quasi commuove e fa dimenticare la salita tutta dentro il bosco, di sicuro tra quelle che non preferiamo. Ecco che una discesa deviata incontro alla Baita Angelini, o anche solo a El Vâch, dà vigore al monotono rientro a valle e completa una giornata parzialmente sfruttata.


Percorso:
in prossimità della chiesa di Forno di Zoldo, svoltiamo a sinistra, attraversando il Torrente Maè. Evitando l’immediata deviazione per la Val Prampèr, si salgono i tornanti che portano alla frazione di Pralongo. Sfiliamo le poche case e seguendo le indicazioni per il Camping al Pez, passiamo il ponticello a sinistra della chiesetta. Possiamo parcheggiare in questo spiazzo (m 985, due chilometri da Forno), possiamo anche insistere lungo la strada sterrata dentro il bosco (al momento non vediamo divieti di transito), interessata da tagli dei tronchi. Dopo un altro chilometro e un paio di svolte arriviamo sul “Pian de la Casera Vecia” risparmiandoci così una mezz’ora di cammino supplementare (m 1089). È l’ultima apertura tra gli alberi, torneremo a vedere il cielo ormai prossimi alla cima del Petorgnón. La segnaletica è chiara, attacchiamo il sentiero 535 per il Col de Michiel. La mulattiera ha inizio oltre il piccolo campeggio estivo, ripida e scomoda per certi versi, non perde tempo con “inutili” svolte. A metà del cammino s’addolcisce in località “Pian Grand” (m 1280), dove si notato cartelli che indirizzano a sinistra verso la Croda Daerta e a destra eventualmente il collegamento con il 524, sul fondo della valle. Faggi e abeti si dividono il pendio che torna ad impennarsi, la traccia sempre visibile si restringe sensibilmente e ci piace così. Anche troppo contorta ora, viene illuminata dai pochi raggi che filtra il fogliame. Siamo in cima al Col de Michiel e una panca di tronchi sa rubarci il tempo di una sosta (m 1491, ore 1,00). Il vicino crocicchio elenca le direzioni possibili con i tempi di marcia. Un colle anomalo, impercettibile la divisione con l’attiguo Petorgnón, più che altro un punto di sosta durante la salita dello stesso. Ci avviamo dunque, sempre sul sentiero 535, il primo tratto coincide con l’Anello Zoldano e l’allungo alla Baita Angelini. Dopo qualche minuto infatti, le direttrici si dividono, ne approfittiamo poi al ritorno per arricchire la giornata con nuovi passi e nuovi scenari. Ci avviciniamo alla nostra meta e ad una cintura di rocce che sembra cingere la parte sommatale del monte. Omini e una freccia rossa mandano a sinistra, dove l’ascesa è possibile, la traccia però è meno chiara e va seguita con attenzione. Una volta sopra, la via si snoda tra i mughi e gli ultimi larici. Due scalini facili ci ricordano che abbiamo anche le mani (1° inf.). Passiamo un intaglio guadagnando il ripiano seguente, che va parzialmente aggirato sulla sinistra. Il sentiero diventa una trincea gelata e contorta che punta ormai il pulpito finale. Prima a destra poi a sinistra, si ha sempre l’impressione di arrivare e quella tachicardia che ci assale ogni qualvolta stiamo per raggiungere il punto più alto. Il sole compare all’improvviso dal versante opposto ed abbaglia, siamo in cima. In buona parte occupata dai mughi, offre sufficiente spazio per la perlustrazione rituale (Petorgnón m 1914, ore 2,00). Dagli Spiz al Prampèr: una muraglia di mille metri che va incontro alla Talvéna, si riesce a distinguere il puntino rosso del Bivacco G. Carnielli, ubicato in posizione fantastica. A sud-ovest la catena del Moschesìn spinge i Tàmer e il S.Sebastiano a ridosso del Duran. Sembrano darsi spallate reciproche per emergere e farsi notare. Li guardiamo senza avvicinare troppo il bordo che cade sulla Forcella delle Féde, un franamento recente qui sotto, mette in guardia sulla qualità della roccia.

Tempo totale salita ore 2,00.
Dislivello salita m 825.


Discesa:
ricalchiamo il secondo tratto della salita, quasi fino al Col de Michiel e prendiamo a sinistra il sentiero 536 dell’Anello Zoldano. Ci si porta senza grosse differenze di quota sul versante settentrionale del Petorgnón. Dobbiamo quindi calare bruscamente e superare alla base una parete altrimenti (per noi) impossibile. Il terreno è franoso e richiede un minimo di prudenza anche la risalita opposta. Doppiamo il culmine di una spalla per poi abbassarci nuovamente fino ad entrare in un canalone angusto, che dobbiamo per forza discendere un centinaio di metri. Muovendoci con calma tra i blocchi e le macerie (segnavia), scartiamo a sinistra, su per una rampa erbosa che ci porta a passeggiare poi lungo una cengia esposta in piena parete. Questo brevissimo tratto è conosciuto come il “Viaz de l’Ariosto” e conclude l’avventuroso aggiramento del Petorgnón. Più avanti tra la vegetazione, troviamo il crocicchio con le informazioni che ci servono: i più allenati possono insistere fino alla Baita Angelini, che dista ancora 50 minuti, noi avalliamo con il sentiero 524 verso il laghetto chiamato “El Vâch”. Finiamo infatti col trovare la strada bianca e in breve la bella radura con le panche a bordo acqua. Questo laghetto montano è alimentato dalla vicina cascata e dipinto dal bosco che lo incornicia, senza però opprimerlo. Davvero un bel posto (m 1361, ore 1,45 dalla cima del Petorgnón). Il ritorno alla macchina è una tranquilla passeggiata lungo la strada bianca, fino ad uno spiazzo stepposo chiamato “I Giaroin” (m 1325). Qui, attraversiamo a destra la sassaia (grosso omino), abbandonando la comoda strada e inserendoci sul sentiero 524 che conduce al “Pian de la Casera Vecia”, passando la Casera del Pian (ore 2,30 dalla cima del Petorgnón).