Cima Moiazza Sud
iv class="entry-content">Mercoledì 22/08/2012 da solo
Tempo salita : ore 6,40
Percorso intero: ore 11,00
Dislivello salita: m. 1.400
Impegno : EEA via ferrata molto lunga e difficile. Occorrono resistenza e forza nelle braccia
Carta 1/25.000 : Tabacco foglio 25
Montagna che non ha bisogno di presentazioni ed elogi. Possente nelle sue forme, è interamente cavalcata dalla Ferrata Gianni Costantini: carismatico esponente della Sezione Agordina. L’anno seguente la sua morte avvenuta nel 1972, fu realizzato questo percorso alpinistico ferrato, da un’idea maturata già nel dopoguerra e subito dedicatogli. Attirò l’attenzione dei media per il suo osare, avvicinando finalmente l’escursionista al gruppo della Moiazza. Ancora oggi è una prova d’orgoglio affrontarla nella sua totale lunghezza, anche se onestamente ben pochi di noi riuscirebbero a superare gli sbalzi senza l’ausilio del cavo d’acciaio e di alcuni appoggi scavati. Prendiamolo come un atletico divertimento artificiale allora, che richiede pur sempre una forma fisica eccellente e almeno dieci ore di luce e bel tempo. La fatica e la stanchezza smorzeranno alquanto ciò che c’è concesso vedere dalla cima, ma rimarrà ugualmente una giornata da ricordare. Un regalo prezioso e forse esagerato dunque, a coloro che pur non arrampicando cercano comunque sulle rocce emozioni e adrenalina. E voi amici che predicate la montagna pulita, se un giorno dovreste riuscire nel vostro intento di smantellare tutte le vie ferrate sulle Dolomiti, vi prego, risparmiateci almeno questa. Lasciate anche a noi la possibilità di conoscere questo colosso. Aspettateci al Rifugio Carestiato e guardateci tornare con lo sguardo vitreo e ipnotico, la paresi alla bocca bloccata in un sorriso inequivocabile: un mix di stanchezza e felicità. Capirete che per noi questa montagna è importante.
Percorso:lasciamo la macchina al Passo Duràn (m 1601), nei pressi dei Rifugi Tomè e San Sebastiano. Alle loro spalle la mole del Sass del Duràm, con le propaggini meridionali della Moiazza. Troviamo pure delle tabelle che indicano il sentiero549, anche Alta Via n°1. Su per il prato dunque, deturpato dalle bestie e dagli umani. Pieghiamo a sinistra, immettendoci in breve sulla stradina sterrata che serve il Rifugio Carestiato, nonché la Casera Duràn, che abbiamo modo di vedere. Abbassandoci ancora oltrepassiamo la colata di ghiaie e l’immediato innesto del sentiero 547. Un paio di svolte e guadagniamo l’alberato Col dei Pass, dove è ubicato dagli anni 50 il Rifugio Bruto Carestiato (m 1834, ore 0,50). Importante snodo logistico, qui sostano i percorritori dell’Alta Via n°1, i ferratisti e gli alpinisti di ritorno dalle loro silenziose imprese, sugli appicchi limitrofi. L’attacco della Ferrata Costantini si trova a dieci minuti, seguendo il profilo del colle fino alla base della parete (indicazioni e targa). Set completo da ferrata e coltello tra i denti, perché si parte subito dopo un breve traverso, con uno slancio verticale che impegna muscoli e fiato. Ci si alza poi diagonalmente a sinistra, in opposizione al ferro e alla roccia, che tradisce alcune tacche artificiali per favorire gli appoggi. Arriviamo ai margini del canalone, attiguo la possente muraglia della Pala delle Masenade e qui procediamo speditamente verso l’alto, fino alla macchia di mughi soprastanti. Le Stelle Alpine sorprendono sulle pieghe della roccia. Passiamo ora tra i mughi e tra le crepe che richiedono minor sforzo, camminando infine incontro alle pareti successive (bolli rossi e frecce). Duro il primo pezzo assolutamente verticale, pur con l’aiuto di un paio di scalini, poi i piedi trovano conforto in piccole appendici e ritorna il fiato. Guadagniamo un terrazzo pietroso e a piedi seguiamo la traccia che avvicina una seconda enigmatica barriera rossiccia. Una targa ci ricorda che siamo sulla Ferrata Costantini, in capo alla Pala del Belia (m 2295). Superiamo uno spigolo insidioso (una mano sola sorregge il peso del corpo in opposizione alla roccia, mentre con l’altra si sposta il moschettone oltre il fittone) e allunghiamo verticalmente dentro l’imbuto della montagna. Ne usciamo sopra un pulpito panoramico, al fianco di un grosso omino. Scavalchiamo la crestina e dall’altra parte sfruttiamo una cengia obliqua per raggiungere un nuovo avvio del cavo metallico. Alternando anche tratti su sfasciumi, sbuchiamo in cima alla Cattedrale (m2557), dove riprendiamo fiato. Attacchiamo il castello seguente, con passaggi anche divertenti sulle roccette articolate e procediamo verso il profilo ormai vicino della Cresta delle Masenade, a pochi passi dalla cima omonima (m 2737, ore 5,00). Sospesi tra la terra e il cielo, tra l’Agordino e Zoldano, la gioia che si prova quassù azzera apparentemente tutta la fatica accumulata. Andiamo incontro alla nostra meta lungo il filo di cresta, aggirando gli ostacoli più grossi. Ancora il ferro in alcuni punti, sotto un tetto spiovente ci abbassiamo alla Forcella delle Masenade (m 2650). Avviciniamo il primo roccione che si scansa parzialmente, salendolo dal versante che guarda il Bivacco Grisetti. Il primo strappo è tosto, ci attanagliamo al cavo metallico fino a un terrazzino e progrediamo poi con più scioltezza. Per traccia ora, rimontiamo il pendio detritico arrivando finalmente al bivio segnalato che indirizza sulla cima (ore 6,00). Facoltativo questo allungo finale, se il tempo regge e non siamo alla frutta è bene cogliere il momento. In opposizione dunque per una decina di metri, ci alziamo poi con più facilità oltre uno spigolo ed in cresta. Su cengia ci spostiamo velocemente all’interno del circo e sfruttiamo ancora il cavo per portarci sul pendio finale. L’anticima e oltre il breve intaglio anche esposto, meritiamo il punto più alto della Moiazza Sud (m 2878, ore 6,40 dalla macchina).
Tempo totale salita ore 6,40.
Dislivello salita m 1400 circa.
Discesa : ritorniamo al bivio, recuperando eventualmente lo zaino parcheggiato. Si continua sul percorso momentaneamente abbandonato, aggirando tra le crode il castello finale e trovando la targa che segna l’inizio della famosa Cengia Angelini a m 2784. Attraversiamo così gli spettacolari strapiombi che hanno reso famosa questa montagna e sottovoce benediciamo chi ha collocato il cavo metallico, teso come la corda di un violino. Ci sorprende la visione sul ramo meridionale del Civetta, con le due Torri Venezia e Trieste e tutta la Val dei Cantoni: una cartolina che commuove e non si dimenticherà facilmente. Giù verso nord ovest ora, pochi metri di ferrata e poi per sentiero franoso, con la giusta prudenza in presenza di neve (lastre di ghiaccio), se si è a inizio stagione, incontro al Bivacco Ghedini (o Bivacco Moiazza, m 2575), posto sulla contrapposta testata della Val dei Cantói e del Van delle Nevere (ore 1,30 dalla cima). Edificato nel 1977 dalla stessa Sezione Agordina, serve da ricovero alle comitive sorprese dal maltempo, durante la discesa. Preziosissimo quando il temporale è ormai sopra la testa e se ne aspetta la fine al riparo, prima di proseguire sulla via del ritorno. Giù dunque, lungo la dirupata Val dei Cantói, appena a destra della stessa, l’ennesimo cavo metallico allevia la spietata pendenza. Ci abbassiamo di settecento metri. Manteniamo la concentrazione, pur se le difficoltà a questo punto, sembrano irrisorie. La traccia oltrepassa infine la pietraia, sul fondo del canalone, confluendo finalmente sul sentiero 554 che riporta al Rifugio Carestiato. Una frana consistente avvenuta nel 2011, ha modificato parzialmente il vecchio tracciato e l’arrivo al Rifugio, ma i tempi sono gli stessi (ore 3,30 dalla cima). La sosta e la birra sono d’obbligo. Altri 40 minuti per scendere al Passo Duràn e alla macchina, con le gambe di legno (ore 4,10).
In sintesi :11 ore circa per l’intero percorso ferrato (partendo dal Passo Duràn), giustamente classificato come uno dei più difficili sulle nostre montagne. La lunghezza e il dislivello, uniti alle difficoltà oggettive dei diversi passaggi, lo rendono alla portata delle sole persone fisicamente allenate. Si valutino con attenzione le previsioni del tempo e si tenga presente che, oltrepassata la Forcella delle Masenade e l’eventuale ritorno a valle per il Bivacco Grisetti, non esistono altri ripiegamenti intermedi se non il giro completo appena descritto. Non basta la voglia di arrivare, anche se da sempre è lo stimolo giusto che ci spinge a tentare.