TAE'




Martedì 20/06/17 da solo
Tempo salita :
Percorso intero :
Dislivello salita :
Carta 1/25.000 :
Impegno :
ore 3,30
ore 6,30
m. 1000
Tabacco foglio 03
EE Traccia da ricercare presso il Ciadìn del Taé.


Tagliere degli Ampezzani. Il Taé sembra l’opera incompiuta di un pasticcere: una torta parzialmente crollata che mantiene tuttavia i segni di un’elaborata manipolazione. Non la sola parete meridionale, rea di aver contribuito a un nome così casalingo, ma pure il versante opposto incuriosisce per le sue plastiche ondulazioni stratificate. Secoli di innalzamento costante della crosta terrestre e cataclismi climatici che spaventano al punto di preferire l’ipotesi di una più attendibile manipolazione divina in tutto questo. Eppure sembra non invogliare nessuno, complice l’avvicinamento poco battuto seguito da un’ascesa libera da vernici e cartelli invadenti, tanto basta ad isolare una montagna che è invece alla portata di tutti. Tiene distante la maggior parte degli escursionisti che si spinge anche ad affrontare qualche tratto scabroso, ma non deve assolutamente mancare la sicurezza del percorso. Eppure sono le cime più belle, uniche davvero. Soli in vetta, non potrà sfuggirci nessun dettaglio dell’intero Parco Naturale delle Dolomiti Ampezzane e saremo felici di non avere ripiegato altrove.

Percorso:
:parcheggiamo in località S. Umberto (m 1425, km 8 da Cortina d’Ampezzo) se in alta stagione, proseguiamo altrimenti (se la sbarra è aperta) per un altro chilometro e mezzo lungo la stradina ancora asfaltata che più avanti raggiunge il Rifugio Ra Stua. Senza arrivarci però, notiamo prima a sinistra una diramazione chiusa da una sbarra (località Sas Ŝendú m1547, indicazioni per il Casón d’Antruiles). Il posto per la macchina è ridotto e conviene lasciarla un centinaio di metri indietro. Si discende quindi pacatamente il bosco di abeti fino ad attraversare un paio di volte un piccolo corso d’acqua che si congiunge a valle con il Ru de Fanes. Usciamo al sole nei pressi di un tabià ristrutturato e una fontana che sapremo apprezzare quando torniamo, sdraiati sulla panca (Casón d’Antruiles ore 0,40). Seguiamo ora le indicazioni per il Col Bechei, che ripartono dentro il bosco alle spalle dell’edificio. Dritti all’interno della valle lungo una pista non numerata ma ben visibile, almeno inizialmente, poi più contenuta e riservata, lo apprezziamo. Immersione totale dentro la natura più bella, anche il rumore delle acque che affianchiamo va via via scemando, lasciandoci con i soliti pensieri che accompagnano i passi. Si apre il sipario sulla testata della valle riempita di ghiaie. Nel loro lento movimento travolgono e sommergono qualsiasi forma di vita statica imbruttendone un contesto monotono e senza riferimenti. Memorizziamo per questo l’uscita dal bosco, per evitarci fastidi al ritorno. Gli omini comunque ci sono e guidano inizialmente nel mezzo delle frane, per poi farci avvicinare a sinistra i piedi del Taé stesso. Impenniamo ora tra la bassa vegetazione e attraversiamo altre lingue sassose che sembrano non finire mai. Un solco articolato ha ragione fra i mughi fittissimi e ci deposita infine in un anfiteatro verde che amiamo a prima vista (Ciadìn del Taé m 2123, ore 2,00). La gioia di trovarsi in un luogo come questo è però trattenuta dalla mancanza di segnaletica e tracce sicure che indirizzano sulla cima. Dubbi che fanno indietreggiare gli escursionisti meno motivati, poiché il cammino si fa incerto e aiuta in questi casi la compagnia dei più esperti o quantomeno documentarsi prima di partire da casa. S’intravede una traccia lontana passare alla base delle creste argentate che abbiamo davanti, ma per agganciarla dobbiamo insistere ancora sulla pista che continua al Col Bechei. Per un buon tratto in salita, fino ad un tornante a destra dove stacchiamo per la tangente (solo tracce) e, allungando diagonalmente, raggiungiamo quasi la base delle rocce prima citate. Qui i segni di passaggio sono più marcati e portano a salire una breve rampa dove compaiono anche gli omini. Incoraggiati a proseguire, andiamo ad attraversare un piccolo catino invaso dai massi, ne saliamo il lato destro e guadagniamo la spalla erbosa in vista della cima. Filoni di rocce bianche si dividono, paralleli, i lunghi prati fioriti, dove la traccia ovviamente scompare. Ciò nonostante, se la visibilità è buona, l’avvicinamento non pone più alcun problema. La direzione è ovvia, vista da qui la piramide del Taé sembra un accumulo di sassi che non può nascondere alcuna insidia. Qualche scalino richiede lo slancio necessario e due omini (se mai ce ne fosse bisogno) indicano i passaggi diretti alla cima (m 2511, ore 3,30 dalla macchina). La croce è fatta con le tavole dell’ex osservatorio austriaco che vediamo accanto.

Tempo totale salita ore 3,30.
Dislivello salita m 1000 circa

Ritorno:
: lungo lo stesso percorso fatto in salita in ore 3,00 circa.