PUNTA ZOC




Sabato 26/03/2011 con Stefano
Tempo salita :
Percorso intero :
Dislivello salita :
Carta 1/25.000 :
Impegno :
ore 2,00
ore 4,40
m. 700
Tabacco foglio 51
E-EE serve una buona capacità di orientarsi


Anonimo spuntone che le vicende della Grande Guerra hanno legato indissolubilmente al vicino crestone del monte Spinoncia. Se quest’ultimo è lasciato pressoché abbandonato, il Monte Zoc è invece raggiunto da un bel sentiero escursionistico, che conclude alla croce sulla vetta. Coloro che vi arrivano godono di belle vedute panoramiche, ma soprattutto lo fanno perché ne conoscono la storia. Ripercorriamo in pratica gli stessi versanti saliti dalle truppe alpine austriache che l’hanno infine strappato agli italiani, sul finire della guerra. Tutto il pendio nasconde a fatica i segni delle trincee e delle esplosioni, tuttavia è difficile immaginarlo privo di vegetazione e completamente rivoltato dalle granate, ora che procediamo perfino all’ombra delle piante, calpestando quell’erba così soffice ed invitante. Certo le strade arrivano ormai bene in alto, da servire le case fortunate che incontriamo, ma l’ultimo tratto è comunque appagante da non farci desiderare di essere altrove.

Percorso:
dopo aver deviato dalla Strada Feltrina, ed evitato il seguente ponte per Quero, tiriamo dritti sulla vallata di Alano di Piave e la piccola frazione di Colmirano. Troviamo le indicazioni per la “Madonna di Tessère” e solo dopo aver imboccato la strada giusta, finalmente anche un cartello che segnala il “Pont de la Stùa”. La gente è socievole e ama la propria vallata, non è facile mantenere in ordine strade e boschi in luoghi così impervi come la Val Calcino. Forse più interesse da parte delle amministrazioni locali, nel favorire l’approccio al turismo. La scarsa segnaletica, infatti, si è riscontrata anche dove partono i vari sentieri ed è facile sbagliare itinerario. Comunque sia la direzione è ovvia e puntiamo il restringimento della Valle. Sulla sinistra, ne costeggiamo il fondo, prima alti poi quasi al livello del torrente omonimo, che continua a limarla. La strada diventa sterrato, ci possiamo fermare appena dopo un bivio, nei pressi di un capitello (Località Pont de la Stùa m 362, km 5 dallo svincolo sulla Feltrina). Seguiamo la strada che va a morire un centinaio di metri più avanti, alla Casera Stùa. Prima di passare il torrente, stacca a sinistra (sbarra) una laterale utilizzata per il taglio e la raccolta del legname. Molto ben tenuta, s’allunga all’interno della Val Bulèra e ci accompagnerà poi nella discesa. Affianchiamo dunque la casera, evitando di salire l’immediato sentiero sulla destra e puntiamo invece dritti per il prato, la vicina centrale dell’acquedotto. Con un paio di gradini la sorpassiamo, di nuovo avvicinandoci al torrente. Lo riattraversiamo facilmente e cominciamo a salire dall’altra parte la Val Mer: laterale della Val Calcino, che già affascina con il suo aspetto severo e selvaggio. Tutte le svolte sono sostenute con mura di sassi e confermano l’origine militare. Ha inizio infatti il “Sentiero Rommel”, tracciato a suo tempo dall’Esercito Austro-Tedesco con il chiaro intento di salire il più in alto possibile al riparo dall’artiglieria italiana. Sembra in stato d’abbandono e va interpretato. Evitiamo una traccia a sinistra, che si mantiene proprio perché in molti sbagliano e si avviano lungo l’invitante scorciatoia, anche esposta, fino a che diventa confusa. Basterebbero dei semplici bolli rossi, almeno nei punti fuorvianti, per evitare tali inconvenienti. Il transito escursionistico, anche se modesto, finirebbe poi con l’imprimere un unico solco inequivocabile fino alla cima. Insistiamo lungo il sentiero sassoso, piegando ancora ad ovest e guadagnando una costa rialzata che assecondiamo verso l’alto. Sbuchiamo finalmente sulla strada sterrata che taglia la parte alta della montagna (m 750 circa, ore 1,00. Piccola vasca dove è raccolta l’acqua per i cavalli). Più rilassati ora, andiamo a sinistra e percorriamo tutto il rientro dell’alta Val Bulèra, aggirando le propaggini del Monte Madàl. Nei pressi di una casa, un cartello illeggibile indica l’innesto sul sentiero 849. Ci alziamo dunque sui prati, puntando ormai la non lontana croce di Punta Zoc. Si può pure proseguire per la strada bianca, sul versante opposto, le due direttrici infatti, si uniscono poco più su. Sulla dorsale ombreggiata, arriviamo piacevolmente fin sotto gli spalti meridionali della nostra meta. Il pendio è ripido e in alcuni punti siamo quasi a perpendicolo sulla valle sottostante di Alano di Piave. Continuiamo in direzione del Monte Spinoncia, che vediamo apparire davanti. Un cartello ci fa deviare finalmente per la cima di Punta Zoc. Con qualche svolta e adocchiando sempre il paesaggio circostante, tocchiamo infine la croce esageratamente grande (m 1037, ore 2,00 dalla macchina). Forse bastava un simbolo che ricordava la guerra.
Le trincee corrono lungo tutto il crinale, perfino il ripido e boscoso versante settentrionale ne è interessato. A tal proposito è consigliabile raggiungere la vicina Casera Spinoncia, sfruttando l’ultimo spezzone del “Sentiero Rommel”. Una cengia molto bella che corre appena sotto il filo di cresta e sbuca sul poggio erboso della Casera. Questo tratto vide gli slanci furibondi dei militari imperiali, mirati alla conquista del Monte Spinoncia. Caposaldo della linea italiana, che ormai allo stremo dovette arretrare alle vicine Porte del Saltón. Caliamo dunque senza grossi problemi lungo lo scalinato pendio erboso occidentale. Notiamo tra gli alberi una traccia che punta la nostra stessa direzione e ne approfittiamo. Passiamo a nord del cocuzzolo che ci divide dal Monte Spinoncia. Aggirato un pulpito panoramico (si nota anche arrivare un invitante sentiero dal basso, che non va assolutamente preso per la discesa, è probabilmente la parte superiore del “Sentiero Rommel” che è stato tagliato fuori nella salita e al momento impercorribile), corriamo ora su una cengia lavorata con la dinamite e sfiliamo diversi ripari in caverna. Appena sotto le creste affilate, viene ad unirsi il sentiero 849 abbandonato prima della salita alla croce e che seguiremo poi a ritroso, per il ritorno a valle. Insistiamo sul bosco e con alcune svolte ci portiamo a ridosso del bel prato dove è posta la Casera Spinoncia (m 1152, ore 0,40 dalla cima di Punta Zoc). Bel posto.

Tempo totale salita ore 2,00.
Dislivello salita m 700.


Ritorno: torniamo per il sentiero 849, attraverso il raccordo pocanzi sorpassato. Una volta giunti sui prati del Monte Madàl, anziché riprendere la stradina fatta in salita, assecondiamo quella che scende più a valle e passa il Monumento dell’Alpino (m 700). Passiamo una casa e una Madonnina, dove la strada è cementata, attenti però a prendere l’immediata deviazione a sinistra che rientra sulla Val Bulèra. Alternativa interessante per tornare alla nostra macchina. La stradetta va a morire poco avanti, dobbiamo adocchiare il sentiero senza numero, che cala prima, giù per il boscoso pendio. Un lungo diagonale porta ad attraversare un primo facile solco roccioso, caratterizzato da muschi e scoli d’acqua. Saliamo la china opposta e arriviamo presto ad un secondo valloncello, sopra il letto asciutto di un corso d’acqua, spostandoci così sul versante sinistro orografico della Val Bulèra. Finiamo su uno slargo sterrato, dove con i trattori si sale a raccogliere la legna e per la comoda stradina privata, avalliamo al Pont de la Stùa e quindi alla nostra macchina (ore 2,00 dalla Casera Spinoncia).