Domenica 19/06/2011 da solo
Tempo salita :
Percorso intero :
Dislivello salita :
Carta 1/25.000 :
Impegno :
ore 3,00
ore 5,00
m. 1000
Tabacco foglio 01
E
Il Lastroni è un monte buono. Abbinato con la visita ai Laghi d’Olbe, riempie una giornata che ricorderemo a lungo piacevolmente e che sapremo consigliare agli amici e a chi ci sta a cuore. Pur facile, l’arrivo in vetta regala la giusta adrenalina. Quei pochi gradini per accedervi, l’esposizione stessa sul baratro opposto e se la giornata lo consente, scandagliamo tutto il territorio limitrofo. Le opere della Prima Guerra Mondiale stuzzicano in ogni caso la curiosità, anche alle persone meno interessate all’argomento. Il ritorno a valle, così come la salita, è addolcito dalla bellezza dei Laghi stessi. Sono luoghi che invitano a sostare a lungo, a vagabondare senza la solita frenesia del ritorno a valle. In alta stagione, grazie agli impianti, potremo trovare un po’ di gente che vi gironzola attorno, basta allora allargare il proprio raggio d’azione incontro ai Laghi minori, o magari salire al Passo del Mulo e troveremo sicuramente la pace che cerchiamo.
Percorso: in località Cima Sappada, al fianco di una chiesetta, troviamo le indicazioni per la Val Sesis e le Sorgenti del Piave. Passiamo ancora tra le belle case del paese e proseguiamo per una stretta rotabile interdetta ai veicoli di maggiori dimensioni. Attraversiamo dei prati e torniamo ad affiancare le acque già consistenti del Piave, che nascono qualche chilometro a monte. Nel punto in cui un restringimento obbliga le stesse acque ad alcuni salti, si alternano brevi e secchi tornanti insidiosi, oltre i quali la valle sembra finalmente aprirsi ed accogliere i visitatori. Sfiliamo il Rifugio Piani del Cristo, allungando poi serenamente fino alla seguente radura chiamata Pian delle Bombarde e la Baita al Rododendro (m 1457, circa quattro chilometri da Cima Sappada). Un ampio parcheggio sassoso anticipa di poco l’avvio dei sentieri e delle semplici passeggiate, che il luogo invita ad intraprendere. Al fianco del Rifugio stesso, dopo il ponticello, seguiamo a destra la traccia principale, per un breve tratto. Il “Sentiero Naturalistico Piave - Val Sesis” continua parallelo al corso d’acqua, mentre il nostro sentiero 138 inizia a salire regolarmente il fianco della montagna. Ad un secco tornante che s’affaccia ad una cascatella, giriamo dentro la Valle del Rio della Miniera, accompagnati dal rumore delle sue acque. In alto, precipita dalla testata della valle e durante il cammino scavalchiamo pure un paio di suoi affluenti che vi confluiscono. Quando gli alberi finiscono, risaliamo lungamente il fianco destro, già intuendo una probabile e prossima via d’uscita. Costeggiamo infatti l’ultima bancata rocciosa, sbucando infine sul margine di un tormentato terrazzo erboso. Ampi spazi allargano le vedute, offuscate appena dalla vista degli impianti di risalita, che garantiscono in alta stagione un discreto movimento di persone. Convogliamo sulla stradetta sassosa proveniente dal fondovalle, un crocicchio indica a destra il prosieguo per i Laghi d’Olbe (ore 1,30). Ci facciamo strada tra i collinotti ed i corsi d’acqua, fino alla vicina Casera d’Olbe (m 2089), accompagnati anche dai fischi delle marmotte. Recuperata e in attività, bene s’integra con la sua curiosa pianta a ferro di cavallo e sembra tener distanti le pur vicine piste da sci. Lasciamo anche gli alpeggi che la circondano. Con un largo giro e sempre in leggera salita, la strada bianca porta allo scavalcamento di una piccola sella, giusto ai piedi di una chiesetta. Quello che vediamo oltre, vale non solo la fatica dei nostri passi, è un incoraggiamento ad avvicinare ulteriormente la montagna, vagabondare alla ricerca di cose belle che sanno ancora emozionare. Inutile dire che la sosta è d’obbligo, magari sulle panche che vediamo a bordo lago (m 2156, ore 2,00). Questo è il maggiore dei Laghi d’Olbe, di origine glaciale, racchiuso in una conca ai piedi delle rocce. Sembrano le sponde di sabbia che abbozziamo in spiaggia, quando cerchiamo di ingabbiare le acque del mare. Non ci si lasci ingannare dalla loro trasparenza, sono profonde. Si dice che l’Esercito Italiano in rotta dopo Caporetto, vi abbia gettato cannoni e altro materiale bellico. Perché tutte le creste che vediamo davanti a noi, erano a quel tempo la linea di difesa italiana e sono ancora in buono stato da essere visitate. Lo stesso sentiero che andiamo a salire ora, risale alla guerra ed era l’accesso alle postazioni e ai siti citati. Ha inizio sul lato orientale del lago, là dove una piccola colata di ghiaie arriva fino all’acqua (indicazioni per Monte Lastroni). Un lungo traverso che va a guadagnare il filo di cresta, nei pressi delle opere di guerra e per cengia erbosa sfila i seguenti risalti rocciosi. In più punti ci si sporge sull’abisso opposto che guarda la Val Visdende (attenzione). Arrivati sotto la cupola del Monte Lastroni, con zig zag sempre più stretti ne rimontiamo la breve scarpata meridionale. Da un piccolo intaglio ci alziamo sulla destra sui facili gradini rocciosi che conducono in cima. Se ne segue l’andamento fino alla piccola croce di vetta (m 2449, ore 3,00). Vediamo ovunque: i tre Laghi d’Olbe, il Peralba, tutta la linea di confine con l’Austria e la Carnia, ritardiamo la discesa.
Tempo totale salita ore 3,00.
Dislivello salita m 1000.
Ritorno:si ritorna a valle sfruttando l’itinerario appena percorso in salita, in ore 2,00. Anche la chiesetta sulle sponde del Lago d’Olbe maggiore, invita alla sosta. Fu voluta a suo tempo, dagli ex internati nei campi di concentramento.