Domenica 11/07/2010 da solo
Tempo salita :
Percorso intero :
Dislivello salita :
Carta 1/25.000 :
Impegno :
ore 4,45
ore 8,15
m. 1450
Tabacco foglio 25
EE 1° solo l’ultimo tratto, nel complesso lungo e faticoso
I pascoli alti della Talvéna sono belli da scoprire. Termiche d’aria calda staccano improvvise spianando l’erba e condensano subito alimentando il grigio che ci avvolge. Un processo adiabatico regolare, non dà il tempo alle nubi di disfarsi che subito si riformano. Atmosfera da fiaba, ma non dà modo di capire dove siamo, oltretutto si arriva stanchi, si salga dal Rifugio Sommaria al Pramperét e ancor più dal Rifugio Pian de Fontana, sul versante opposto. Conosciamo il prezzo da pagare quando si superano in giornata dislivelli così pesanti: almeno una settimana con le gambe di legno. Un suggerimento quindi, a dividere la lunga marcia in due giorni passando la notte in uno dei due Rifugi a disposizione, entrambi meritevoli. Casere che ospitavano un tempo i malgari con le famiglie, sono ora i veri rifugi della montagna, oasi di ristoro e cordialità dove si transita volentieri e si scambiano due chiacchiere con il gestore. Tappe quasi obbligatorie anche per coloro che percorrono l’Alta Via n°1, diretti verso la Val Vescovà. Discendono i Van de Zità e ormai stanchi, rinunciano quasi tutti alla breve deviazione per la cima della Talvéna. Va detto che lo scavalcamento della Forcella Sud de i Van de Zità a 2450 metri, offre comunque una gran bella veduta, ma questi posti meritano di essere contemplati e non attraversati di corsa. Magari tra le nubi, che troppo spesso s’appropriano di questi luoghi. Avvolgono la Talvéna quasi a nasconderla a chi vi passa a fianco, aggiungendovi un pizzico di magia e mistero che non guasta.
Percorso:a Forno di Zoldo, dove c’è la chiesa, ci sono anche le indicazioni per la Val Prampèr. La strada attraversa con un ponte il Torrente Maè e va a salire tra le case, l’opposto costone, in direzione Pralongo. Sul terzo tornante, stacca la laterale (ancora indicazioni) stretta e ripida che porta agli immediati piani di Pratorónt (m 920). Continuiamo dentro il bosco su sterrato più ampio e rilassante. La strada ritorna asfaltata e con alcuni tornanti sale al capolinea, dove finalmente lasciamo la macchina ( località Pian de la Fòpa m 1210, km 3,7 da Forno di Zoldo). A piedi dunque, proseguiamo oltre il divieto di transito, lungo la strada che insiste sul fondo della Val Prampèr e conclude alla Malga omonima. Affianchiamo per buon tratto le acque nervose del Torrente Prampèra fino a quando, con un secco curvane, ci allontaniamo dalle stesse. Vi è un brusco innalzamento del terreno e la rotabile sterrata deve compiere un largo giro per addolcirlo. Il sentiero 523 ha inizio in questo punto, sulla sinistra e dà modo di tagliare una bella fetta di strada. Prima nel bosco e poi per prati bucolici (Pian dei Palùi), che attraversiamo nel mezzo, ritrovandoci sulla stessa rotabile che serve la Malga. Più avventurosamente, dal prato, pieghiamo a sinistra e tra gli alberi troviamo tracce che ci accompagnano più speditamente alla Malga di Prampèr (m 1540, ore 1,00). Sulla destra degli edifici, parte il marcatissimo sentiero 523 e costituisce una buona via d’uscita dal fondo della valle. Dopo il primo tratto di bosco, insistiamo lungo le franose colate di ghiaia che calano dal soprastante Monte Pramperét. Tutto il pendio sembra coinvolto in questo continuo smottamento. Anche più avanti, dove andiamo a tagliare alcune rientranze, si notano piante piegate e addirittura sradicate dal terreno. Oltrepassata una Madonnina, guadagniamo in breve il Pra de la Vedova ed il vicino Rifugio Pramperét (m 1857, ore 2,00). Sito dove vorremmo soggiornare almeno una settimana, tanto è bello e rilassante. Non siamo sull’orlo di un precipizio, non si spazia con lo sguardo su tutte le Dolomiti, ma è proprio questa tranquillità interiore che ci fa stare bene e ci coccola. Torniamo indietro duecento metri fino al crocicchio incrociato anzitempo. Prendiamo l’evidente sentiero che stacca tra i mughi e coincide inizialmente con quello che porta anche alla Forcella di Moschesìn (sentieri 514 e543 insieme, anche tratto Alta Via n°1. Attenzione, alcune cartine in commercio sono inesatte e rischiamo di seguire delle tracce che portano alla sottostante Casera Pramperét). Poco avanti le due direttrici si dividono togliendo ogni dubbio. Noi affianchiamo, con qualche alto e basso, tutto il lungo costone orientale delle Balanzòle, in prossimità di un catino ci alziamo ancora di quota, doppiando la “Portèla del Piazedèl” (m 2097, ore 2,45). Si aprono gli orizzonti, ma incuriosisce soprattutto il terreno che abbiamo davanti: i Piazedèi. Ondulazioni rocciose prive di vegetazione, solo l’erba ricopre a fatica, dove può. Qualche piccolo nevaio da attraversare, anche a tarda estate, sotto le bancate della Cima Nord de Zità e il vento spazza inesorabile tutto l’altipiano. Seguendo gli omini, puntiamo quella fascia di rocce chiamate Costa del Baranción, salite le quali, troviamo soffici manti d’erba dove riposare. Finalmente inquadriamo il nostro obiettivo, tutto il versante settentrionale della Talvéna e lo spigolo che dalla Forcella dei Erbàndoi porta alla cima. L’avvicinamento non è però immediato, anche se è sicuramente il tratto più panoramico. Dobbiamo infatti aggirare la Cima Sud de Zità, doppiando l’omonima Forcella e scendere dalla parte opposta per buon tratto. All’altezza dei ghiaioni, su esile traccia, tagliamo in piano verso destra e risaliamo il cono erboso, che è la porta d’accesso alla nostra montagna (Forcella dei Erbàndoi m 2325, ore 4,15). Se le nuvole non compromettono la visibilità, la via alla cima appare evidente, anche in assenza di indicazioni e bollini vari. A sud dunque, passiamo a destra un primo cocuzzolo, ritornando e rimanendo sulla costola nord-orientale del monte. Si superano prudentemente le roccette scalinate e poco esposte (1°), giungendo a delle rampe fastidiose e scivolose. Queste, più dei saltini precedenti, esigono concentrazione ed equilibrio e pretendono una attenta valutazione sul dove appoggiare i piedi. Sulla destra, notiamo un bel pendio ghiaioso, buono per la discesa. Ancora qualche spostamento dove il terreno sostiene il nostro peso e agguantiamo i paletti della cima della Talvéna (m 2542, ore 4,45). Il lungo e verde pendio meridionale contrasta con la nostra via appena salita, sono “solo” montagne di pascoli.
Tempo totale salita ore 4,45.
Dislivello salita m 1450 circa.
Ritorno:stesso itinerario di salita in ore 3,30.