Lunedì 03/10/2011 da solo
Tempo salita :
Percorso intero :
Dislivello salita :
Carta 1/25.000 :
Impegno :
ore 5,30
ore 9,30
m. 1400
Tabacco foglio 16
EE 1° nel finale mancano le tracce, escursione molto lunga e varia
Sono cime lontane da tutto, per fortuna, anche dalla progressiva “urbanizzazione” montana, che addomestica ormai gli ambienti più richiesti e con dubbi propositi di un rilancio turistico. Due strade penetrano bene a fondo le Dolomiti di sinistra Piave: lungo la Val Cimoliana a sud e dentro la più impervia Val Talagona da nord, ma si mantengono alla base delle stesse catene montuose e così deve essere. Avvicinano il cauto turista, incoraggiano l’indomito escursionista che già sa di doversele comunque meritare. Qui non si viene per camminare poco e neanche facile, pure la traccia si perde attraverso le sassaie che portano in alcune di queste montagne e sui rari libretti di vetta si leggono poche decine di visite l’anno. La selezione si fa da se. Meglio una traversata allora, magari passando la notte in uno dei pochi ricoveri che esistono e qui utili come in nessun’altra parte. Chi ha le gambe buone se ne ritornerà a valle anche per dove è salito, pago di quello che ha vissuto nel corso della giornata. Qualcuno incontreremo se è il periodo estivo, ma appena cala la stagione della neve, avremo un piccolo paradiso a disposizione.
Percorso:attraversiamo il Lago di Centro Cadore e imbocchiamo la strada che va a morire nei pressi del Rifugio Padova, dentro l’angusta Val Talagona (indicazioni sugli svincoli). Da brivido in alcuni tratti, passa stretta e alta sul boscoso fianco sinistro, assecondandone le brusche rientranze. S’infila poi all’interno con un andamento scorrevole, portandosi quasi alla pari con le acque del Torrente omonimo. Si parcheggia in località Antarigole, al momento interessata da lavori di consolidamento (m 1101, otto chilometri da Domegge di Cadore). Scendiamo a passare il ponticello sul Torrente Talagona, unito poco a monte con il Rio Pra di Toro e lo costeggiamo in piano, alzandoci poi di quota e portandoci sopra la forra dello stesso (sentiero 352). Ci accompagna il frastuono dei salti d’acqua, più avanti infatti, si riporta sullo stesso nostro livello, anticipando una zona caratterizzata da piccole pozze di acque risorgive. Viene a congiungersi con un ponticello, la direttrice proveniente dal Rifugio Padova e in breve sostiamo sul piccolo prato in località Casello di Valle (m 1360, ore 0,50). Seguiamo la traccia per il Rifugio Tita Barba (ora sentiero 350) di nuovo dentro il bosco, rimontando tutto il ripido pendio che sostiene le alture prative di Vedòrcia. Ne abbiamo finalmente accesso in località Le Palù (m 1660), abbagliati dai primi raggi di sole. Allunghiamo a destra (indicazioni), percorrendo il corridoio erboso e bucando definitivamente nei pressi della stessa Casera Vedòrcia (m 1704, ore 1,30). Ipnotizzati dalla bellezza del luogo, procediamo seguendo i paletti con i segnavia e puntiamo le casette ristrutturate che vediamo più in alto. Una stradina sterrata taglia perpendicolarmente il nostro senso di marcia, è il momento di abbandonare il sentiero per il Rifugio Tita Barba ed assecondarla a sinistra. Taglia il lungo costone tra i pini, con qualche alto e basso serve le ultime case e procede piacevolmente sulla testata della valle. Dobbiamo per forza valicare gli spalti antistanti. Ci allacciamo, nel frattempo, al sentiero 350 che proviene dal Rifugio Tita Barba, poco prima del bivio che smista le direzioni per Forcella Spe, a sinistra e Forcella Pian dei Láres, a destra (ore 2,30. Cartelli). Andiamo per quest’ ultima, sul sentiero 355. Lo sterrato diventa presto sentiero e fuoriesce su uno slargo erboso, dove s’accumulano anche le ghiaie di un ripido fossato (segnavia su un pino). La traccia lo risale parallela, guadagnando presto il catino superiore chiamato appunto Pian dei Láres. Seguiamo perlopiù il fosso che discende dalla stessa Forcella e con fatica ci arriviamo (Forcella Pian dei Láres a m 2049, ore 3,00). Stretta finestra tra i mughi, ci permette di scavalcare la lunga Costa di Vedòrcia, aggirando poi l’ampio anfiteatro che racchiude l’alta Val Anfela. Ai piedi della Cima Spe, perdiamo anche un po’ di quota, superando un paio di brevi scanalature discendenti dalla cima stessa. Si risale dall’altra parte il pendio franoso, doppiando un pulpito panoramico, giusto sul fianco di una curiosa formazione rocciosa. Qualche metro attraverso il pietrame di una scarpata, allunghiamo a destra diagonalmente fino ad uscire sull’ apertissima Forcella Vedòrcia (m 2234, ore 4,00). A sinistra, il favorevole allungo finale sulla Cima dei Láres, in cinque minuti, appaga e costituisce già un ottimo capolinea per chi ormai si sente sazio di fatiche e scorci panoramici. In effetti la Cima dei Láres, come la stessa Cima Sella che vediamo dall’altra parte della Conca del Cavalét, sono snodi importanti. Vi convergono le diverse linee di cresta e garantiscono una veduta piuttosto completa sulle catene montuose circostanti. Tuttavia la prosecuzione alla Cima Sella è consigliata. Favorisce una più approfondita conoscenza del meraviglioso catino verde sottostante, che intravediamo ancora marginalmente. L’ avviciniamo inoltre con passi liberi e spensierati, trovando infine anche la via più facile per salirla. Scendiamo dunque i prati a sinistra del grosso terrazzone fiorito che domina il centro valle, snobbando la traccia e i segnavia che più a destra conducono alla Casera del Cavalét. Calando prudentemente sulle zolle d’erba, troviamo il modo di superare il saltino, che precede poi la lunga traversata sulle ghiaie ed i massi. A mezza costa, senza obbligatoriamente raggiungere il fondo della Conca andiamo incontro alla nostra meta, intravedendo già il possibile passaggio sulle roccette. Una cintura rocciosa sostiene infatti l’erto pendio finale misto erba e macerie, in capo al quale si riconoscono le due opposte elevazioni principali. Quella Orientale supera di un metro la sorella Occidentale. Raggiunte le rocce appena a sinistra dell’impluvio centrale, assecondiamo la rampa che sale obliqua un canalino di detriti (1° breve). Qui ognuno procede dove meglio crede. Si guadagna il sommo di una lama e si arranca fino a raggiungere la vicina spalla orientale del monte. Già il colpo d’occhio aumenta il battito cardiaco. Con prudenza seguiamo il filo ancora sulle ghiaie instabili e tocchiamo orgogliosi il piccolo omino di vetta (Cima Sella Orientale m 2334, ore 5,30), contenti di aver prolungato oltremodo la nostra missione.
Tempo totale salita ore 5,30.
Dislivello salita m 1400 circa.
Ritorno:lungo lo stesso percorso.