MONTE SALTA




Domenica 02/11/08 da solo
Tempo salita :
Percorso intero :
Dislivello salita :
Carta 1/25.000 :
Impegno :
ore 3,45
ore 6,00
m. 1100
Tabacco foglio 21
EE 2° breve


Passato alla storia per la triste vicenda del Vajont, il Monte Salta ne è stato testimone passivo trovandosi giusto di fronte al Monte Toc, dall’altra parte della valle. Transitando lungo la strada delle gallerie al fianco della diga e anche fermandoci nei parcheggi adiacenti, pur conoscendo l’epilogo, stentiamo a riconoscere la frana, confusi non sappiamo stabilirne un profilo. La stessa terra che stiamo calpestando, ci dicono, prima del 9 ottobre 63, era parte di quella montagna indefinita che abbiamo davanti in controluce. Possiamo immaginare come si presentava questo canjon di rocce prima della sciagura, ma non riusciamo a capire come possa essersi così completamente riempito. Allora bisogna salire in alto, all’abitato di Casso e meglio ancora sui prati enormi che portano alle ultime propaggini del Monte Salta. Basta un’occhiata e tutto appare chiaro, terribilmente chiaro. Certo la dinamica della frana deve essere stata spaventosa, proporzionale solo alla rabbia verso chi, con presunzione e leggerezza, ha fatto modo che ciò avvenisse. Sono pensieri che accompagnano inevitabilmente i nostri passi verso la cima di questa montagna. Arrivati sulla Forcella Piave, arrancando ancora tra i mughi finali, volgeremo finalmente l’attenzione ai camosci che scappano e a tutte le altre meraviglie della natura che ci vuole bene se la rispettiamo.

Percorso:salendo da Longarone e passate le gallerie che affiancano la Diga del Vajont, troviamo a sinistra la deviazione per il Paese di Casso. Poco più di un chilometro di strada stretta e arriviamo alle poche case di sassi che sembrano sorreggersi a vicenda. In parte lesionate più che dall’onda, dalla pioggia di massi che la stessa ha scagliato innalzandosi violentemente, dopo il cedimento e la caduta della frana del Toc, dentro il lago artificiale. Le stesse persone che vengono a vedere la diga, salgono poi a curiosare tra le case di Casso e ne fanno gita unica. Noi allunghiamo a destra fin dove è possibile, parcheggiando nei pressi di una bacheca ed indicazioni per il Monte Pul, il Col delle Agnele e il Monte Borgà (m 964). S’infilano piacevolmente le viuzze del paese, ad un secondo cartello pieghiamo a destra sorpassando un edificio pericolante. Parte il sentiero 393 (o 392, com’è scritto in alcuni segnavia) dopo l’ultima casa. Una vera e propria trincea chiusa ai lati dai muretti a secco, funge anche da grondaia quando ha piovuto. Attraversiamo una breve frattura del terreno e proseguiamo in trincea. I muretti scompaiono o si abbassano, ma il sentiero rimane abbastanza insidioso. Avviciniamo quelle formazioni di roccia rosa che si vedono dal paese, ancora con i piedi sull’acqua di scolo. Dentro il bosco ora, andiamo più tranquillamente incontro al Monte Pul che lasciamo sulla sinistra e sbuchiamo in un ghiaione affacciato sulla valle del Piave. Troviamo presto un bivio con la scritta: Salta-Libri-Borgà (fino a qui ore 1,30). Scartiamo a destra quindi, abbandonando la traccia che diventa 395 e porta più avanti a quel che rimane di alcune trincee della guerra. Con un lungo traverso anche alberato, ci spostiamo sulla sinistra della muraglia, che dobbiamo superare per accedere ai pratoni superiori. Dopo un primo tornante sfiliamo l’entrata di una galleria di guerra. Saliamo per cengia e qualche facile gradino i punti accessibili dello zoccolo. Suggestivi i piccoli larici attanagliati alle rocce, alleviano un’esposizione che impressiona. Usciamo finalmente sui prati aperti e arieggiati. La traccia ben marcata si sposta a sud, inevitabilmente in faccia al Monte Toc e alla frana sottostante che catturano lo sguardo ed i pensieri. Passiamo una depressione e arriviamo a dei massi con frecce e segnavia. In alto, le bianche rocce del Salta si avvicinano con spietata lentezza. Ora si sale tosti, quasi in linea retta sulla verticale della Diga del Vajont. La fatica si fa sentire. Seguendo omini e paletti ci spostiamo ancora a destra, passando due brevi fasce sassose, nei pressi delle quali vari gradini erbosi confondono la fluidità del sentiero 393. Doppiato uno spigolo ci appare tutta la fascia rocciosa che arriva al Monte Sterpezza e al Borgà. Ormai sotto i satelliti del Salta, li andiamo ad aggirare sulla destra avvistando la prossima Forcella Piave che richiede un ulteriore piccolo sforzo per arrivarci (m 2000, ore 3,15). Fino a qui tutto facile, ora dobbiamo superare un breve camino (1° sup.) per agguantare la vicina cima del Monte Salta. A sinistra dunque, seguendo le tracce e alcuni segni rossi sbiaditi, ci portiamo con pochi metri ai piedi di un inequivocabile imbuto-camino che saliamo con tre movimenti d’arrampicata. Appoggi e appigli ci sono, ma possono essere scivolosi, attenzione. Una volta sopra, deboli segni di passaggio, ci portano in piano ad aggirare uno spuntone, ed un secondo. Sotto i mughi e sull’erba secca (evidenti tracce), attraverso un corridoio passiamo sul versante opposto (nord). Appena sotto il filo di cresta, avviciniamo l’apice del monte fin dove è possibile, poi saliamo in cresta (segni rossi). Affianchiamo una lama e guadagniamo il paletto della cima del Monte Salta (m 2038, ore 3,45). La vicina punta occidentale è più alta ma più difficile, stiamo bene anche qua.

Tempo salita ore 3,45.
Dislivello salita m 1100.


Ritorno:senza ritornare alla Forcella, caliamo direttamente lungo lo scivolo d’erba e roccia, in faccia al secondo e più alto risalto del Salta. Lo lasciamo però sulla destra e per prati e facili saltini, perdiamo quota perpendicolarmente fino ad incrociare senza problemi il sentiero 393, percorso in salita.
Ritorno a Casso e alla macchina in circa ore 2,15.