Domenica 24/08/2014 da solo
Tempo salita :
Percorso intero :
Dislivello salita :
Carta 1/25.000 :
Impegno :
ore 5,00
ore 8,30
m. 1450
Tabacco foglio 17
EE 1° nei pressi della cima e un tratto delicato precede la Forcella dei Toni
Lunga cavalcata fino ai piedi della severa Croda de Toni e le assolate e aride distese del Monte Cengia e del Collerena. Per camminatori instancabili, spinti dalla frenesia di conoscere ogni angolo delle Dolomiti Bellunesi. Ambienti sempre diversi, seducenti e misteriosi, a volte opprimenti, faticosi sicuramente. Gli sguardi convergono sul palcoscenico delle Tre Cime di Lavaredo, quando riusciamo a distoglierli dalla pista che stiamo seguendo, non sempre facile e scontata. Il traverso che va dalla Forcella dell’Agnello fino alla Forcella Croda dei Toni non è al momento tra i più consigliati. Massi in continuo movimento derivati da una frana recente, minano un’area piuttosto estesa e difficilmente aggirabile, associati al costante pericolo di nuove cadute dall’alto. L’unico tratto delicato dell’intero anello del Monte Cengia e purtroppo non vediamo possibili migliorie in un prossimo futuro. Aspettare che il tutto si assesti e si marchi costantemente il tracciato.
Percorso: la Val Marzon ha il suo sbocco in località Giralba, sulla Strada Regionale 48 che da Auronzo di Cadore porta a Misurina. La risaliamo verso nord per un altro paio di chilometri, sfiorando l’Agriturismo Bombassei e arrivati in prossimità di un primo tornante troviamo l’avvio del nostro percorso e anche lo spazio per l’auto (m 1127, indicazioni sentiero 106 per Val Marden e Bivacco De Toni). Agli inizi della Prima Guerra Mondiale questa valle era la sede logistica dell’Esercito Italiano, dalla quale salivano costantemente uomini e armi alle prime linee del fronte. Anche se inerbata, è inequivocabile la strada militare che cominciamo a percorrere, la pendenza sempre regolare ed i sassi che la sostengono sulle svolte, sono una firma indelebile del Genio Zappatori. Nel buio della pineta guadagna metro dopo metro sfidando il tempo, la gravità e i cedimenti del terreno. Ci spostiamo a sinistra, attraversando uno stretto canale di sassi e ne rimontiamo poi il fianco opposto, insistentemente lungo tutta la Val del Marden. Sempre le solite svolte che hanno il pregio però di non stancare le gambe. Stupiscono sempre queste opere militari per il coraggio, la caparbietà e l’ingegno con le quali sono state costruite. Raggiungiamo la mugheta superiore dove la ripidezza del pendio sembra diminuire, gli occhi affondano sul vicino Col di Vezza e sui Cadini di Misurina che appaiono oltre la spalla boschiva alla nostra sinistra. Anche i mughi devono presto arrendersi e lasciare posto alle sterili ghiaie. Notiamo delle tracce salire i coni erbosi tra i Campanili De Toni, noi continuiamo all’interno di un catino sempre più racchiuso da pale imponenti e anche opprimenti, mantenendoci alti sul fianco destro orografico della valle. Il silenzio è rotto solo dalle improvvise fughe dei camosci. Sbuchiamo finalmente sul sentiero 107, quasi alla base della Cima Auronzo e a pochi minuti dal Bivacco Antonio e Tonino De Toni: il primo caduto sul Monte Piana, il secondo in Russia (Sella dei Ghiaioni, ore 3,00 dalla macchina). Un cartello con la scritta “Impegnativo” aumenta il senso di disagio che si prova in quel momento. A sinistra oltre la duna, una pietraia si estende lungo tutta la base che arriva fino alla Croda dei Toni e alla Forcella omonima, le pareti verticali che ci sovrastano amplificano il senso di pericolo che esiste. Seguiamo i bolli rossi, assolutamente indispensabili in caso di scarsa visibilità, cercando gli appoggi più stabili, ma qui tutto è in movimento. L’inclinazione non è eccessiva, ma non si vede l’ora di uscirne. Su terriccio più sicuro arriviamo ai piedi di una facile balza attrezzata che ci deposita sopra un palco di massi e in breve sulla Forcella dei Toni (m 2524, dopo inverni particolarmente nevosi, è possibile trovare il tratto ferrato sommerso da una lingua di neve). Evitata la discesa al Rifugio Zsigmondy-Comici, si prosegue sul sentiero 107 ora più spettacolare che mai, sul fianco del Collerena. Il Monte Cengia si mostra come un tavolato roccioso in leggera salita, esposto sopra la Val del Salto e la stessa Val di Cengia, non a caso occupato e tenuto come osservatorio dagli Italiani agli inizi del Primo Conflitto Mondiale. Deviamo dunque a sinistra presso la Sella del Monte Cengia (m 2491), con estrema tranquillità e rilassatezza, sicuramente incontro alla croce di vetta ma anche curiosando tra le pieghe del monte. Senza tracce e segnavia, superiamo un ripiano e il seguente intaglio con un passo di 1°. Visitiamo un posto d’osservazione in caverna e ci passiamo poi sopra per agganciare il corpo principale del monte. Due metri in arrampicata (1°) e siamo sulla cresta finale che porta sul punto più alto (Monte Cengia m 2559, ore 5,00, trenta minuti dalla sella).
Tempo totale salita ore 5,00.
Dislivello salita m 1450.
Ritorno: dall’ultima forcella, cala una traccia piuttosto confusa lungo il versante settentrionale e convoglia in prossimità del piccolo Lago di Cengia, conviene tuttavia ritornare sui nostri passi rientrando sul sentiero 107 prima abbandonato. Lo assecondiamo in costante e tranquilla discesa convergendo poi verso il lago anzidetto, incontrando sicuramente le prime comitive. Sostiamo sulla panca contemplando quest’ oasi di montagna, sono luoghi poetici ed è difficile staccarsene e riprendere la discesa. Poco avanti ci buttiamo a sinistra sul sentiero 1107, lungo la valle ancora aperta ed erbosa. Percorriamo a ritroso un’altra incredibile carrareccia militare che riconosciamo quando questa comincia a serpeggiare. Un interminabile numero di brevi tornanti discende un primo imbuto, scarta poi a destra oltre un corso d’acqua e dei mughi, infilandosi in un secondo vallone però meno opprimente. Tocchiamo il Casón di Cengia Bassa nel mezzo di una vegetazione sempre più rigogliosa. Convergono le acque agitate dalla Val del Salto e le affianchiamo passandole un paio di volte. Alternano sassaie e vaste aree di piante abbattute, la natura si mostra in tutte le sue vesti. La strada asfaltata infine, sulla Val Marzon che percorriamo in discesa per venti minuti fino alla macchina (ore 3,30 dalla cima del Monte Cengia).