Domenica 07/08/2016 con Fabio
Tempo salita :
Percorso intero :
Dislivello salita :
Carta 1/25.000 :
Impegno :
ore 5,30
ore 8,00
m. 1400 circa compresi gli abbassamenti intermedi
Tabacco foglio 03
EEA ferrata difficile inserita in un giro molto lungo e faticoso
Prendiamo una bella montagna di Cortina, attacchiamoci un cavo metallico che accompagna il ferratista lungo i luoghi della Grande Guerra e successivamente in cima, con una discesa poi veloce a concludere l’anello presso il grazioso rifugio dove questi ha parcheggiato otto ore prima. Con qualche polemica descriviamo una delle più apprezzate e seguite vie ferrate dell’intero arco alpino: la Giovanni Lipella alla Tofana di Rozes. Scenari mozzafiato, cinquecento metri dentro una galleria, che ammiriamo ancor più conoscendone la storia, per non elencare poi tutto quello che si vede dai 3225 metri dove è posta la croce di vetta. Anche il transito a Forcella Fontananegra costringe a una sosta al meritevole Rifugio Giussani, circondato dai massi e da quel che rimane dei trinceramenti della guerra, la storia e i combattimenti epici trasudano dalle vecchie mura e dalle singole pietre fino al vicino Rifugio Cantore, ora abbandonato. Una giornata piena, satura di tutto ciò che possiamo ottenere camminando in montagna e lo si legge sui volti delle persone che completano il giro. Decisamente troppo lungo però e la fatica, se non siamo super allenati, attenua la gioia di averlo portato a termine. L’allungo alle “Tre Dita” sembra una forzatura inutile per raggiungere la cima, se c’è concesso scriverlo, così come l’ultimo tratto ferrato che deposita sul ghiaione finale, potrebbe forse essere risolto in maniera meno atletica.
Percorso:sembra tolto, al momento, il divieto di transito lungo quei quattro chilometri che portano al Rifugio Dibona, il periodo rovente del maggior afflusso turistico. Il parcheggio è grande ma conviene comunque giungervi presto, anche perché conosciamo i tempi previsti per l’intero giro della Tofana Prima o Tofana di Rozes (da Cortina, in salita al Passo Falzarego, si gira a destra dopo circa km 9, dove i cartelli indicano per il nostro Rifugio m 2083). Ci avviamo dunque incontro alla stupenda parete che abbiamo sopra la testa, già riflette i raggi del sole appena sorto in tutte le sfumature ocra arancio possibili. La stradina bianca 403 taglia le mughe soprastanti fino a dove parte la teleferica che approvvigiona il Rifugio Giussani e qui teniamo chiaramente a sinistra lungo il sentiero molto ben tenuto che ci porta alla base della grande parete (località “Sote Rozes” m 2300, ore 0,30). Già abbiamo modo di vedere alpinisti che scalano il Primo Spigolo, ma non c’è tempo per seguirli, proseguiamo verso ovest iniziando il periplo della montagna. Due passaggi franati richiedono un minimo di attenzione, prima del bivio che indirizza alla “Galleria di Mina” e alla Ferrata Giovanni Lipella. Conviene indossare l’imbragatura una volta arrivati sotto le due scale che salgono all’entrata in galleria. Assolutamente indispensabile una pila, sufficiente anche la luce del telefono in mancanza d’altro, se la temperatura fredda non gioca brutti scherzi alla batteria. Entriamo così nel cuore della Tofana, facili gradini iniziali anticipano la nuda roccia scivolosa e la pendenza che aumenta sensibilmente, utile il cavo metallico accompagnatore. Si nota l’accesso sigillato alla Galleria di Mina, noi proseguiamo lungo il tratto chiamato “Elicoidale”, scavato in contemporanea per ingannare il nemico e ritardare così la temutissima galleria contromina, nonché agevolare l’uscita dei nostri Alpini, subito dopo l’esplosione. Sbuchiamo infatti sulla forcella sbriciolata in quell’occasione con ben 35 tonnellate di gelatina, che ci collega al Castelletto dove erano fortificati gli Austriaci. Si può pure terminare in galleria gli ultimi metri e fuoriuscire più alti, dovendo però ridiscendere successivamente e ricollegarci al sentiero che prosegue il periplo della montagna. Attraversiamo le ghiaie abbassandoci non poco e avvicinando nuovamente la grande parete stratificata, dove ha inizio la Via ferrata dedicata all’irridente Giovanni Lipella, morto eroicamente sul Monte Asolone durante la Battaglia del Solstizio. Ci alziamo obliquando costantemente a sinistra agganciati al fil di ferro, terrazze e cenge più o meno estese e contrariamente inclinate, azzerano ogni volta il guadagno di quota dello strappo verticale. Proseguiamo nonostante questo il giro orario della montagna, dominando la lunga Val Travenanzes che invita a soste fotografiche. Assecondiamo un paio di rientranze sotto rocce bagnate e gocciolanti, che andiamo poi a sormontare con l’ennesimo allungo via cavo. Alcuni passaggi difficili finiscono col compattare le comitive e richiedono un supplemento di energie che alla fine della giornata paghiamo con gli interessi. Raggiungiamo il bivio che smista l’affollamento, nei pressi del balcone “Tre Dita” e una freccia rossa indirizza verso destra i pretendenti alla cima (ore 3,20). Questa particolare conformazione rocciosa è stata un caposaldo austriaco durante la Prima Guerra Mondiale e con l’opposta “Nemesi” ha costituito la linea di difesa del Masaré a Fontananegra. Salutiamo dunque le persone che a sinistra scendono al Rifugio Giussani in un’oretta e ci incamminiamo ancora su cengia sassosa, questa volta a salire verso sud. Aggirato uno spigolo troviamo nuovamente il cavo d’acciaio, che verticalmente, va a superare le fasce stratificate della montagna. Un lavoro di braccia e muscoli che dà fondo alle ultime energie rimaste. A metà parete l’inclinazione diminuisce per poi incalzare ulteriormente fino all’uscita sui ghiaioni finali. La cima è in vista finalmente, anche se non proprio immediata, notiamo gli escursionisti saliti lungo la Via normale, precederci sullo spallone settentrionale che andiamo a nostra volta a rimontare. Per tracce abbondanti, anche su neve se siamo a inizio stagione, vinciamo gli ultimi duecento metri abbracciando la croce della Tofana di Rozes (m 3225, ore 5,30 dalla macchina). Panorama esagerato, scansando le persone davanti riusciamo pure a fare qualche foto.
Tempo totale salita ore 5,30.
Dislivello salita m 1400.
Ritorno:lungo la “normale”. Caliamo sui primi gradini, spostandoci a destra rispetto al percorso fatto in salita. Si segue la schiena della Tofana arrivando sul terrazzo che sovrasta il grande vallone del Masarè e del Rifugio Giussani. Qui si devono scendere le rocce con prudenza, anche se la pendenza non è eccessiva, fiutando tra le cento tracce esistenti quella più filante. Tutto si risolve con qualche breve saltino dove ci si aiuta con le mani. Solo alla base della parete sembrano tutte convergere attraverso un caos di massi sagomati e mura cadenti. L’aria che si respira ha qualcosa di magico, complici le nuvole basse che avvolgono il tutto, anche in questi luoghi si è fatta la storia. La notte del nove luglio 1916, trecento Alpini al comando dei Capitani Rossi e Reverberi attaccano e occupano saldamente le posizioni austriache sul Fontananegra, con lo scopo di aprire la strada verso la Val Travenanzes e la Pusteria. Alla fine il Capitano Lap con i pochi Kaiserjäger superstiti consegna le armi. Gli Italiani rendono onore infine alla salma del Capitano Barborka (il più rappresentativo ufficiale nemico sul fronte delle Tofane). A questi scontri ancora cavallereschi seguiranno purtroppo le stragi sul Carso, il gas sul San Matteo e le altre atrocità che ben conosciamo. Solo le voci che provengono dal Rifugio ormai vicino, interrompono la nostra voglia di curiosare e di capire, è un posto molto bello (Rifugio Giussani m 2580, ore 1,10 dalla cima). Dalla Forcella, usciamo poi piacevolmente sul Valon, visitando anche i vecchi Rifugi Cantore e Tofana: il primo abbandonato mentre il secondo è adibito a bivacco invernale, dopo la ristrutturazione avvenuta una ventina di anni fa. Qualche svolta ai piedi della Punta Anna, poi spediti sul sentiero 403 o sulle ghiaie a piacimento fino alla macchina che aspetta al Dibona (ore 2,30 dalla cima).