Domenica 07/03/2010 da solo
Tempo salita :
Percorso intero :
Dislivello salita :
Carta 1/25.000 :
Impegno :
ore 1,30
ore 4,15
m. 450
Tabacco foglio 51
T - E
Il Monte Cornella conclude a oriente l’articolato finale del Grappa. Fa da sponda al Fiume Piave in quel punto, limato dallo stesso nel corso dei secoli.Dalle sue pareti scoscese si contempla il dolce ed inarrestabile fluire delle acque che puntano la pianura. Qui è rallentata l’avanzata austriaca dopo lo sfondamento a Caporetto, regalando alle retrovie italiane il tempo prezioso per organizzare la Battaglia d’Arresto.Il 23° e il 24° reggimento della Brigata Como, hanno tenuto le posizioni anche oltre il dovuto quel lontano autunno del 1917, precludendosi ogni via di fuga e concludendo tragicamente in quella chiesa di Quero, ormai circondati dal nemico.Un lungo costone boscoso dunque, da percorrere interamente e solamente in cresta, volendo fino al Tese e addirittura al Tomatico. Una passeggiata ma anche qualcosa di più, infatti, se in un’ora siamo facilmente in cima al Cornella, il proseguimento esplorativo ed appagante, pur sempre facile, richiede un minimo d’attenzione in più.
Percorso: raggiunto il paese di Quero (m 288), lasciamo l’auto sui parcheggi adiacenti la chiesa.
Quasi in faccia alla stessa, c’incamminiamo lungo la laterale (Via Bastiglia) che sale alle case alte del paese (indicazioni “Osservatorio Monte Cornella”).
A sinistra più avanti, attacchiamo subito il costone boschivo che porta alla cima. A piccole svolte, la stradina ancora asfaltata, termina presso il balcone panoramico delle “Casette Rosse” (m 400, ore 0,15), raggiungibile anche lungo la scorciatoia delle “Scalette”.
Sono due rustici apparentemente disabitati che si notano anche avvicinando l’abitato di Quero, ma incuriosiscono soprattutto la scalinata ed i monumenti in stato d’abbandono che stanno appena sopra. Sono ciò che resta di un’area acquistata e in seguito adibita a complesso monumentale dal professor Antonio Bressa, intorno agli anni 60.
Ha progettato e fatto costruire lui stesso le strutture che abbiamo davanti e che all’epoca dovevano apparire sicuramente meno opprimenti. Proseguiamo superando la breve rampa di cocci, giusto al fianco della recinzione, poi per faticosa mulattiera appena a sinistra della dorsale.
Sulle carte è segnata 844b, ma non esistono cartelli che lo testimoniano, in compenso ampliamo le vedute sulla Valle di Alano. (Possiamo altrimenti salire le gradinate tra i monumenti stessi, proseguendo oltre per una lieve traccia che taglia la vegetazione e mantiene una linea più diretta).
Sempre con direzione nord-ovest e sempre con fatica arriviamo ad uno svincolo che può creare confusione: entrambe le vie portano in alto e noi andiamo a destra per anticipare la cima del monte. Raggiunto il crinale, lo oltrepassiamo camminando sul versante che guarda il Piave, sempre invaso dagli alberi. Sfiliamo i capanni mimetizzati dei cacciatori e in breve il bel prato dell’anticima (blocco in cemento). A destra, al di là di una piccola depressione, il cocuzzolo distaccato della cima principale (m 630, ore 1,00).
Un cartello e una caverna, appena sotto di noi, ci riportano al 1917. Con direzione nord assecondiamo ora il filo di cresta che va assottigliandosi, assumendo un aspetto roccioso. Dopo una prima calata, il sentiero meno facile, consente tuttavia sempre una discreta fluidità ed appaga con una singolare vista sul greto del Fiume Piave e le sue anse.
Alcuni alti e bassi, infine il cippo commemorativo dedicato alla Brigata Como e in modo specifico a due ufficiali che qui hanno perso la vita (m 610, ore 1,30). Le buche sul pendio circostante ricordano il terrificante martellamento dell’artiglieria austriaca, che copriva l’avanzata della propria fanteria, lungo il versante settentrionale.
I soldati italiani non potevano far altro che attenderli protetti da ripari improvvisati, quanto inadeguati.
Tempo totale salita ore 1,30 al cippo commemorativo.
Anello completo (Quero-cippo-Cilladon-Quero) ore 4,15.
Dislivello salita m 450 circa.
Discesa: a questo punto si può scendere a sinistra (ovest) per traccia un po’ ripida. Dopo un paio di svolte s’allarga e ritorna piacevolmente al bivio incontrato all’andata. In un’ora o poco più si è alla macchina.
Si consiglia invece il proseguimento sulla sommità del lungo costone che porta alla piccola frazione di Cilladon. Da una parte il Piave e dall’altra la Valle di Schievenin.
Notiamo anche il comparire di segnavia rossi che annullano le già scarse possibilità di sbagliare strada. Passiamo purtroppo anche un pilone dell’alta tensione e il seguente ripetitore della Rai. Incontri che vorremmo non fare quando andiamo a camminare in montagna, ma le televisioni e le altre diavolerie digitali riempiono ormai le case di tutti noi.
Per sentiero comodo sbuchiamo sulla strada asfaltata che porta ai paesini alti e l’assecondiamo fino all’abitato di Cilladon (m 688, ore 1,15 dal cippo commemorativo). Non si pensi di trovare villette ristrutturate, qui è rimasto tutto come una volta e il turista viene solo per respirare arie che non trova in città. Terre di castagni, se ne vedono dappertutto ed è obbligo a questo punto cercare il più vecchio di tutti: il “Castegner del Baléch”.
Appena sopra il paese, in dieci minuti, “su pal troi” come dicono da queste parti e sono loro ad indicarvelo con orgoglio. Il ritorno avviene lungo la strada che porta a Quero, circa quattro chilometri in costante discesa, sopra il corso del Torrente Tegorzo. Entrati in paese, all’altezza di una curva, si va dritti individuando ben presto la sagoma del campanile (ore 1,15 da Cilladon).