COL DI VEZZA




Sabato 13 ottobre 2002 da solo
Tempo salita :
Percorso intero :
Dislivello salita :
Carta 1/25.000 :
Impegno :
ore 5,15
ore 9,00
m. 850
Tabacco foglio 17
EE 1°inf. difficoltà di orientamento


Raggiungere il Col di Vezza è qualcosa di più di una banale escursione domenicale, la salita a una cima o una passeggiata da rifugio a rifugio. Ci si perde fisicamente e psicologicamente, un salto di qualità nel cammino di ogni escursionista. L’evoluzione graduale, dopo anni di pellegrinaggio in Dolomiti, messa finalmente alla prova con un esame di maturità. Il confronto con la natura vera, non dentro il solito parco giochi che ingabbia alberi, montagne e la libera volontà dell’uomo. Poche volte ho ripetuto lo stesso giro, ma questa montagna è diversa, questi posti sono diversi e forse neanche tanto rari se si ha la voglia e la mentalità di cercarli. Ho avuto la certezza di arrivare in cima solo quando me la sono trovata sotto i piedi. Oltre il Rifugio Città di Carpi, la mancanza di una traccia solida mina anche la volontà dei camminatori più coriacei, eppure abbiamo sempre in vista il nostro obiettivo e le difficoltà sono solo sulla nostra testa. Voglio aggiungere dettagli non per paura di dimenticare, poiché è tutto stampato in testa, ma per coloro che incuriositi vogliono sondare il percorso in previsione di una stupenda giornata da ricordare per tutta la vita.

Percorso:
parcheggiamo a Misurina, presso la stazione a valle della seggiovia Col de Varda (m 1752). La prima corsa parte alle ore nove, se vogliamo approfittarne e non siamo in bassa stagione. Dobbiamo altrimenti arrivare con un certo anticipo, soprattutto con le giornate corte autunnali. Le ore di luce, troppo poche in questa stagione, non lasciano ritagli di tempo al superfluo e vanno sfruttate a pieno. I Cadini sono ancora in ombra e già saliamo il pendio boscoso (sentiero 120) che porta al Rifugio Col de Varda. Incrociamo la pista di sci e passiamo sotto i piloni della seggiovia. Evitiamo l’ultima rampa al Rifugio stesso e scartiamo a destra quasi pianeggiando, sopra i boschi della Val d’Ansiei, che si accendono di giallo e arancione ai primi raggi di sole. Il Sorapiss, dall’altra parte della valle, fa da sfondo con la sua mole possente e ci ricorda della macchina fotografica sullo zaino. Il tracciato impenna ora, per raggiungere e scavalcare Forcella Maraia e poco oltre il Rifugio Città di Carpi (m 2110, ore 2,15). Giganteggiano alle sue spalle la Cima Cadin Nord-Est e la Cima Cadin di S. Lucano. Aperto anche i fine settimana invernali, dispone pure di un alloggio limitrofo, essendo tappa dell’Alta Via n°4 Grohmann. I percorritori vi giungono stanchi, dopo l’intero attraversamento del Gruppo dei Cadini, lungo il “Sentiero Durissimi”. Inizia da questo balcone panoramico posto sul Pian de la Musa, la lunga dorsale chiamata Ramo di Campoduro. Questa si fa strada a nord est tra la Val d’Ansiei e la Val d’Onge e va a esaurirsi oltre la depressione chiamata Forcella Bassa di Setta con il misterioso risalto finale del Col di Vezza. Senza scendere la Val d’Onge, attraversiamo il breve tratto erboso che avvicina la falda rocciosa del Monte Campoduro. Solo avvicinandolo notiamo il breve e facile tratto attrezzato che ne facilita l’ascesa. Molto bello il colpo d’occhio dalla sua cima, il Monte Campoduro merita comunque una visita e può considerarsi meta a se (m 2244, ore 3,10 ). Attraversiamo ora tutte le Pale di Menotto, cercando di non perdere i bolli rossi e non è facile. Una serie infinita di logoranti saliscendi comincia ad intaccare la nostra determinazione, le difficoltà sono elementari per fortuna e la direzione ovvia, così procediamo dritti incontro al Castellato di Setta. Lo affianchiamo per delle tracce d’animali, aggirando poi a sinistra dentro il bosco, l’altro roccione più piccolo (il Castelletto di Setta). Forcella Bassa di Setta è una selletta erbosa sotto gli alberi, a buon punto dunque, dobbiamo trovare il canalino roccioso che ci porta al piano superiore ed è fatta. Sulla destra qualche metro, ancora segni di passaggio ci portano di nuovo verso la Val d’Onge alla base di una rampetta e la superiamo facilmente. Ora manca tutta la calotta sommitale e comincia la saga dei mughi, in slalom uno dopo l’altro si presentano davanti a sbarrarci la strada. Non vi sono difficoltà tecniche e d’orientamento, poiché si mantiene sempre il filo di cresta, ma questa vegetazione tutta uguale preoccupa lo stesso per il ritorno, perché è impossibile memorizzare il percorso. Alcuni mughi li passiamo a destra, altri obbligano un aggiramento a sinistra, posizioniamo dei rametti alla boy scout. Una piccola depressione e su dall’altra parte, non finisce mai. Siamo spinti ormai solo dalla voglia di arrivare. Un bollino rosso sbiaditissimo, poi un altro, infine l’omino di sassi che sostiene un paletto di legno, è fatta. Ci troviamo fisicamente a poco più di un’ora dai più vicini ricoveri, psicologicamente in capo al mondo (Col di Vezza m 2157, ore 5,15).

Tempo totale salita ore 5,15.
Dislivello salita m 850 circa.


Ritorno: avviene sullo stesso percorso.