Mercoledì 27/06/2012 da solo
Tempo salita :
Percorso intero :
Dislivello salita :
Carta 1/25.000 :
Impegno :
ore 4,15
ore 7,15
m. 1410
Tabacco foglio 16
EE 1°sup.lungo e faticoso
Compare sicuramente in tutte le cartoline turistiche che ritraggono il Lago di Centro Cadore, con il Cridola che riempie lo sfondo. Chiunque percorre la strada tra i paesi di Calalzo e Domegge vi volge lo sguardo almeno una volta, eppure pochi lo sanno riconoscere, se non i locali. Una comparsa dunque, un attore di secondo piano che non viene ricordato. Eppure con il vicino Picco di Roda costituisce la sponda sinistra del Lago stesso. Poderose fiancate verdi che pur completando l’immagine, sfumano e permettono all’occhio umano la messa a fuoco sulle linee accattivanti del Cridola, che sta appena dietro. Va bene anche così, è davvero una delle immagini che rendono speciali queste montagne e fa pure pensare ad una manipolazione divina in tutto questo. Ancor più dalla cima, se il cuore ha retto per lo sforzo della salita e regge l’emozione del vuoto attorno, risolveremo forse l’antico dilemma e ci sentiremo immensamente piccoli in ogni caso.
Percorso:da Domegge di Cadore, scendiamo fino al ponte che attraversa il lago artificiale. Seguendo le indicazioni per il Rifugio Padova, infiliamo la strada stretta e ripida che entra sulla Val Talagona. Ne asseconda le varie rientranze, senza parapetti e sopra un bosco scosceso che esige una guida attenta. Finalmente alla vista dei cartelli giriamo a sinistra, guadagnando dopo cinquanta metri l’ampio parcheggio erboso del Rifugio Cercenà (m 1051, quattro chilometri dopo il ponte). Le indicazioni sono chiare, il sentiero è uno solo e sale diagonalmente alle spalle della baita. Assai frequentato anche dalle biciclette prende le fisionomie di una strada forestale. Doppiamo un paio di costole boscose giungendo ad un bivio in località Fienili Dalego a m 1315 (ore 0,40). Viene a congiungersi il sentiero 345 che sale da Domegge, passa i fienili ristrutturati e posti in un’oasi verde che s’intravede tra gli alberi, cinquanta metri prima del bivio. Ora il percorso si restringe e s’aggrappa al pendio seguendo una linea diretta e faticosa. In capo alla dorsale stacca a sinistra il sentiero 347 per il Rifugio Eremo dei Romiti. Un luogo con una storia alle spalle, posto in cima al Monte Froppa (m 1164). Unico nel suo genere in Cadore, ospitò per quasi un secolo alcuni frati Terziari Francescani, soprannominati i “Romiti”. Fu un decreto napoleonico a deciderne la chiusura e il totale abbandono. Solo qualche anno fa, anche con gli aiuti economici europei, il Comune di Domegge ha provveduto al restauro del sito con un fine turistico – culturale. Noi proseguiamo dritti sul 345 accompagnati dai segnavia (occhio ad un brusco cambio di direzione). Ci abbassiamo sul versante opposto tagliando un balcone di mughi, verso l’interno della Val Montanél. Ai piedi delle rocce ora, per comoda cengia ne avviciniamo il fondo, colpiti dalla lussureggiante vegetazione. Lo risaliamo lungamente lasciandoci alle spalle il cupolone del Col dell’Elma, fin qui aggirato. I mughi sostituiscono l’alto fusto e siamo abbagliati dai primi raggi di sole. Un corridoio vero e proprio si fa strada in maniera naturale, scartando le balze più alte. Da una di queste, uno sgocciolio continuo è raccolto in un vecchio abbeveratoio. La natura è padrona incontrastata, non riusciamo a capire dove siamo e quanto manca, tuttavia la traccia ben marcata e l’ambiente gradevole allontanano le incertezze. Solo quando la pendenza diminuisce e compaiono le due strutture di legno ad impreziosire il tutto, rallentiamo e ci rendiamo conto di stare in un luogo privilegiato (Bivacco Montanél m 2040, ore 2,45). La vecchia Casera Montanél di sopra è stata sostituita da una bella casetta, purtroppo chiusa a chiave e il Bivacco si rivela assai spartano nel suo interno. Se prendiamo in considerazione l’idea di passarci la notte, è bene contattare prima il CAI locale per l’eventuale rilascio delle chiavi. La prosecuzione per la cima è indicata da un cartello, foriamo l’ulteriore macchia vegetativa sbucando sul fianco del Cadín di Montanél. Evitiamo tutte le ghiaie tenendoci sulla sinistra, alla base del Crodón de la Casera. Lo saliamo facilmente con delle svolte e pieghiamo a sinistra attraversandolo in tutta la sua lunghezza. Un terrazzo erboso di grande respiro, allunghiamo lo sguardo sulle cime limitrofe e sullo stesso Montanél che appare ancora troppo alto. Arrivati ad un omino più grosso degli altri, notiamo la freccia sbiadita che indica la direzione che temevamo. Dobbiamo salire infatti, tutto il pendio prativo fin sotto il castello finale. Qualche gradino semplifica gli appoggi e segna pure la via da seguire. Con gran dispendio di energie arriviamo ad un colletto e assecondiamo la traccia che insiste lungo lo stesso, per poi attraversare delle ghiaie e portarsi alla base del primo roccione. Ancora una freccia rossa indica la via. Lo aggiriamo a sud con qualche passo esposto, attaccando le prime roccette basali (1°). I bolli rossi portano su per breve scarpatina franosa, passando poi nel mezzo di due gendarmi. Grazie ad un masso incastrato si supera un intaglio e arrampichiamo il muretto dall’altra parte (passaggio chiave 1°sup.). Ci si porta per sfasciumi sotto la croce, che va meritata fino alla fine. I bolli infatti scartano a destra, lungo delle pietre instabili e ai piedi dei blocchi finali (1°), superati i quali guadagniamo lo stretto spazio di vetta (m 2461, ore 4,15 dalla macchina). Ci sentiamo grandi e piccoli allo stesso tempo.
Tempo totale salita ore 4,15.
Dislivello salita m 1410.
Ritorno:stesso percorso fatto in salita.