21/08/2000 da solo
Tempo salita :
Percorso intero :
Dislivello salita :
Carta 1/25.000 :
Impegno :
ore 3,50
ore 6,30
m. 900
Tabacco foglio 03
EEA via ferrata molto difficile, utili i guanti per la discesa
Sono montagne belle e ricche di storia non solo alpinistica. Leggiamo, prima di venire da queste parti, uno dei tanti libri che raccontano la guerra sulle Dolomiti. In particolare gli episodi accaduti in questo settore alpino, che comprende anche le vicine cime cortinesi. Immaginiamoli questi stessi posti una novantina d’anni fa, con le mine e le granate che frantumano le rocce in mille pezzi, soldati che cercano riparo dietro i massi e sono falciati senza pietà dai cecchini, appollaiati in alto. Grida disperate dei feriti agonizzanti, fumo e schegge dappertutto, un bel macello. La Cengia Martini ne ha di cose da raccontare e gli accumuli enormi di sassi e pietrisco alla base dello stesso Piccolo Lagazuoi, la dicono lunga su cosa ci s’inventava per annientare coloro che non portavano la stessa divisa e magari abitavano la valle vicina, prima della guerra. Godiamoci questi scenari adesso che profumano di pace, calpestiamo queste stesse quinte con rispetto però a quella generazione castigata, che non ha avuto altra scelta se non quella di uccidere per non essere uccisa. Una via ferrata impegnativa e muscolosa permette all’escursionista di salire la Cima Fánes Sud, altrimenti per lui impossibile. Dedicata al Capitano degli Alpini Cesco Tomaselli (due medaglie d’argento), diventato poi giornalista e uno dei primi inviati speciali. Dominiamo quello che è stato teatro di guerra e ci sentiamo più che mai liberi e fortunati
Percorso:saliti al Passo Falzarego (m 2106), troviamo un posto anche noi dove lasciare la macchina, sul grande piazzale della funivia che porta al Rifugio Lagazuoi. Il sentiero 402 è la stradina erbosa a nord del piazzale stesso, che parte decisa verso l’alto, incontro alle pareti del Lagazuoi Piccolo. Ci lasciamo dietro la calca e il rumore dei motori diventa sempre più lontano e sopportabile. Evitata la deviazione per il “Sentiero dei Kaiserjäger”, dobbiamo decidere se proseguire per la stradina oppure salire a ridosso della montagna, seguendo le indicazioni per “Galleria di guerra del Lagazuoi”. Entrambe le soluzioni convogliano poi sulla Forcella Travenanzes, e con gli stessi tempi, abbiamo modo però di visitare alcuni ruderi della guerra. Tra i mughi invadenti saliamo quindi fino alla base della Punta Berrino, girando a destra vediamo i resti di alloggi in muratura e leggiamo più avanti anche un cartello con la scritta “Postazione per vedetta” per gli appassionati della storia. Si riaggancia la stradina iniziale che piega verso il piano inclinato del Lagazuoi Piccolo, attraversandola, vinciamo gli ultimi metri fino alla Forcella Travenanzes (m 2507, ore 1,00). Siamo sulla testata della valle omonima e il colpo d’occhio è particolarmente bello: tutti questi massi caotici sparpagliati a ventaglio, sono stati teatro di scontri continui nei primi anni del conflitto. Ancor più le cime attorno, che portano i segni delle cannonate e delle esplosioni delle mine. Le indicazioni ci mandano ora lungo il fianco sinistro orografico della Val Travenanzes (sentiero 20B), piuttosto rialzati, superiamo alcuni saliscendi per tutta la lunghezza del Lagazuoi Grande. Il caldo torrido tipico dell’alta pressione estiva fiacca le gambe anche a queste quote, ideale se non altro, a percorrere questo genere d’itinerari. Piccolo strappo per doppiare la Forcella Gasser Depot (m 2540) e continuare sulla medesima traccia incontro alla cima di Fánes Sud che abbiamo davanti. Questa muraglia completamente fortificata dagli Austroungarici era considerata linea di rincalzo alle spalle dei “Sassi di guerra” e del “Castelletto”, caduto in mani italiane l’ 11 luglio 1916. Magari sulla via del ritorno fermiamoci a curiosare le baracche scavate nella roccia e rimaniamo stupiti dal loro stato di conservazione. Avviciniamo la nostra meta, puntiamo l’interno di un anfiteatro colmo di massi e pietre di ogni dimensione, il sentiero è ben sostenuto nelle sue svolte, da travi di legno che impediscono i cedimenti soliti dovuti al tempo e alla gravità. Notiamo la traccia discendere il breve ghiaione sul versante orientale del monte e venirci incontro, noi però saliamo l’opposto versante e pieghiamo quindi a sinistra scavalcando la Forcella Granda (m 2665). Non si può non sostare qualche minuto su questo balcone grandioso e panoramico, prima di calare di pochi metri sul terrazzo che ospitava fino a poco tempo fa il Bivacco Della Chiesa. Tolto, a quanto pare, per l’inciviltà di chi ne abusava lasciandovi sporco e immondizia. In caso di pioggia ci possiamo riparare dentro la vicina galleria e comunque ricordiamoci che il Rifugio Lagazuoi si trova a poco più di un’ora di cammino (m 2640, ore 2,00). Indossiamo pure l’imbrago da ferrata ed il casco poiché l’attacco della “Cesco Tomaselli Sud-ovest” si trova a pochi minuti di distanza. Impressionano la verticalità della parete e quelle scale di legno sospese nel vuoto e risalenti alla guerra, che fortunatamente non dovremo usare per salire. Alla prima rampa, troviamo la partenza del cavo metallico e lo assecondiamo a sinistra doppiando uno spigolo esposto e senza appoggi per i piedi. Si passa in contrapposizione, usando poi i muscoli delle braccia per issarci verso l’alto. È forse il punto chiave e fa desistere subito chi non se la sente di proseguire. Segue un tratto verticale fino ad un ripiano che permette di tirare il fiato. Ancora a sinistra e ancora verso l’alto, siamo in piena parete e alcuni strappi richiedono concentrazione e forza. In questi momenti i volti delle persone non mentono, si riesce a capire chi apprezza la cosa e chi vorrebbe essere già in cima. Insistiamo fino a una rientranza più agevole e marcata che ci sposta poi a sinistra. Assecondandola ulteriormente dà accesso alla lunga cengia (Alta Via dei Fánes) che taglia in due le muraglie occidentali dei Fánes, quasi fino alla Cima Scotoni. Altro itinerario molto bello, ma che per la lunghezza è consigliabile non abbinare alla Ferrata Tomaselli. Sulla destra si notano invece le tracce per un eventuale ripiego a valle sul Ciadin di Lagazuói, assai utile e veloce in odore di temporale. Seguiamo la cengia a sinistra dunque, per un buon tratto. Passate un paio di strozzature si riparte verso l’alto, dove la parete sembra ingannevolmente facile. Qualche piolo qua e là, oltre ovviamente al fil di ferro, si rivela prezioso per passare di slancio un gradino più in fuori degli altri. Ci spostiamo progressivamente a destra, ritornando sul lato che guarda il Lagazuoi Piccolo, in bilico sopra un piccolo forcellino esposto da paura. Attacchiamo da qui l’ultimo diedro, assolutamente verticale e quasi liscio, mettendo a dura prova ancora una volta nervi e muscoli. Si passa decisi intuendo già l’uscita finale alla cima. Sulle creste dentellate e con il sorriso in bocca ci portiamo sul punto più alto della Cima Fánes Sud (m 2980, ore 3,50 dal Passo Falzarego). Spettacolare veduta da un quasi tremila. Il quadro delle Tofane da una parte, con la Val Travenanzes e l’Alpe di Lagazuói giù dall’altra con il Rifugio Scotoni e il vicino laghetto.
Tempo totale salita ore 3,50.
Dislivello salita m 900 circa.
Ritorno:Poi la discesa, sulla meno impegnativa Ferrata Tomaselli Nord-Est. Si agguanta il cavo (utili i guanti) che ci porta giù lungo la parete sopra il Ciadin di Fánes e si sposta poi sulla verticale della Selletta di Fánes che vediamo bene in basso. Caliamo a strappi non banali attraversando delle “fette di roccia” curiose, e ci appoggiamo sulla forcella sfruttando una cengia della parete (m 2820, ore 1,00). Terminano gli ancoraggi, ma è evidente la colata detritica che ci deposita alla base delle pareti e l’innesto sul sentiero 20b. A ritroso poi verso Forcella Travenanzes e al Passo Falzarego (ore 2,40 dalla vetta).