Martedì 06/08/2013 da solo
Tempo salita :
Percorso intero :
Dislivello salita :
Carta 1/25.000 :
Impegno :
ore 5,00
ore 9,00
m. 1650
Tabacco foglio 22
EE 1° resistenza alla fatica e determinazione
Montagna che sta sopra altre montagne. Non tutti sanno che dopo Cima della Vezzana è la più alta dell’intero gruppo delle Pale di S. Martino, entrambe raggiungibili dall’escursionista. Cosa non da poco direi, in un contesto alpinistico di pinnacoli, pareti e campanili che caratterizza questa parte delle Dolomiti. Avvicinata e affrontata dal versante meridionale sembra quasi una scalata d’altri tempi, quando si partiva addirittura dal fondovalle e non si sentiva ancora parlare di stress e poco tempo a disposizione. Ci s’immerge nella natura, si entra nella montagna stessa, passo dopo passo, venendo a capo di un primo interminabile pendio e già sapendo che inizia un secondo canalone e poi ce ne sarà un terzo. Non è per tutti certo, e non solo per il dislivello da superare, ma per la mentalità richiesta in questo genere di ascensioni.
Percorso:sulla strada che unisce l’Agordino e il Primiero, arriviamo alla frazione di Sarasìn (a metà strada circa tra Gosaldo e il Passo Cereda, semafori). La laterale che raggiunge le case di Faustìn, crea qualche preoccupazione nell’imbocco e nella sua parte iniziale, viste le dimensioni della stessa. Poi diventa piacevole nel suo allungo, fino in Località Domadore m 1326, poco meno di due chilometri da Sarasìn. Là dove convogliano delle acque rumorose, notiamo i cartelli dei sentieri e uno spazio ideale dove lasciare l’auto. Facile avvio per stradina cementata chiusa al traffico, fino ad uno spiazzo con tavolo e panche. A sinistra ha inizio il vero sentiero 720 (tabella) e taglia un bel bosco d’abeti incontro alla Casera Cavallera. La vediamo infatti, oltrepassato un cancello, circondata da prati bucolici che rimontiamo serenamente, tra lo scampanellio delle vacche e l’assalto impietoso delle mosche (memorizziamo un tronco secco, per il ritorno, perché i segnavia sono in parte coperti dall’erba). Il 720 riprende subito dietro la Casera, passa fra dossi e buche e arriva spedito al vicino Bivacco Menegazzi (m 1737, ore 1,00). Protetto da un grosso masso, volta le spalle e sembra nascondersi alle montagne che lo incorniciano. Ben conosciuto, il Bivacco Menegazzi è sfruttato forse più dalle compagnie di amici che salgono a passarci la notte, che non da reali necessità escursionistiche. Rimane tuttavia una stupenda tappa di passaggio, sia per chi sale, sia per chi scende, al centro di questo lungo piano erboso, l’alpeggio che speriamo sempre d’incontrare quando camminiamo in montagna. Ci avviamo dunque verso le pareti del Sass d’Ortiga che sono più distanti di quanto non sembri. Il sentiero 720 passa attraverso i larici e compie un giro a rientrare piuttosto tortuoso, che possiamo però evitare seguendo una lieve traccia che si mantiene spedita sulla destra. Affianchiamo il fiume di sassi che scende lungo lo stesso pendio che dobbiamo inevitabilmente rimontare, fino quasi alla Forcella di Sant’Anna. Un grosso masso (freccia), manda a sinistra per l’eventuale scavalcamento della Forcella delle Grave o delle Mughe, noi invece passiamo oltre il letto di sassi e ci alziamo a fatica sulle macchie d’erba scalinata. Istintivo il continuo confronto con la vicina Torre di Sant’Anna, per stimare il progressivo guadagno di quota. Piuttosto a sinistra, arriviamo a toccare i primi contrafforti rocciosi e ne assecondiamo la base, indovinando la prosecuzione del tracciato. Evitando la Forcella sopra di noi, tagliamo tutte le ghiaie verso destra (attenzione agli omini), portandoci a ridosso della parete per noi più accessibile. Ben gradinata e segnalata, supera lo sbalzo di una quindicina di metri dove bisogna usare le mani e una certa tecnica (1°), soprattutto nel finale. Questo tratto noto come “La scaletta”è il biglietto da pagare per accedere ai piani superiori. Un grosso omino ci attende all’uscita. Guadagniamo il piano appena sopra la rivetta, dove fuoriesce anche il sentiero attraverso la Forcella dei Vani Alti (m 2519). Appare la mole ancora incognita del Sass de Camp, ma soprattutto spaventa la lunga tirata fino alla sella omonima. Impietoso vallone che spalleggiamo lungo il suo fianco destro, prima su lastroni levigati e poi, appena sopra il livello della neve, sulle macerie finali. Questa è l’inquadratura che rende famoso il Sass de Camp. Ora su per l’opposta spalla a raggiungere quasi le creste dei Vani Alti, l’apparizione del Bivacco Reali e soprattutto della Croda Granda riempie il cuore di gioia, nonostante risulti al di là di un terzo inciso vallone, una perdita di quota da non sottovalutare. Quasi per cengia affianchiamo con prudenza il vuoto sulla stessa Val Sprit, andando a calare per buon sentiero sui “Foch” che sostengono il Bivacco Reali (m 2650, ore 4,00). Un punto d’appoggio utilissimo, viste le distanze dal fondovalle. Accoglie i ferratisti saliti dalla Val Canali e le poche persone che arrivano attraverso i Vani Alti e dal Bivacco Menegazzi. Ben pochi vi passano la notte (6 posti branda) e vien da chiedersi quanto vale il nostro tempo al giorno d’oggi, se riteniamo futile farlo. La nostra montagna è lì davanti, è il nostro obbiettivo e la via di salita è intuibile. In moto dunque, oltre la piazzola per l’elicottero ci abbassiamo seguendo gli omini che evitano i salti e segnalano la via più fluida per la Forcella Sprit (m 2573). Un cordone ombelicale che unisce la stessa Croda Granda al ramo meridionale delle Pale. Una traccia attacca diagonalmente a destra un primo nevaio e i ghiaioni soprastanti, là dove s’appoggiano alla roccia. Sorpassiamo un rigolo d’acqua e vinciamo un facile diedro scalinato fino a una cengia (1° inf.). Ora in senso opposto, entriamo sul cono di ghiaie che si vedono dal Bivacco. Sui detriti più stabili, piuttosto a sinistra, dobbiamo arrivare all’intaglio superiore che divide la Croda Granda dalla Cima dei Róndoi. Qui, restando sempre al di sotto della cresta, saliamo paralleli alla stessa, guadagnando in quota velocemente. Alterniamo almeno due tratti sul primo grado poco esposti a tratti dove si cammina. I soliti strappi per vincere lo scalino che ci sta davanti, tenendo comunque d’occhio i segni verdi. Una Madonnina ci attende sul punto più alto (m 2849, ore 5,00 dalla macchina).
Tempo totale salita ore 5,00.
Dislivello salita m 1650.
Ritorno:stesso sentiero.